Monti Lessini Durello: cosa serve, ancora?
“Monti Lessini Durello” è un’espressione che mi sorge spontanea per definire la transizione tra passato e futuro, perché nel presente - in attesa del recepimento delle modifiche al disciplinare tramite il compiersi dei solenni atti amministrativi della burocrazia ministeriale - non sai come chiamarlo… era Lessini Durello (e lo sarà fino alla vendemmia 2019 o forse 2020) ma poi diventerà Monti Lessini per la versione Metodo Classico e rimarrà Lessini Durello, ma per la versione Metodo Martinotti / Charmat.
Nel riempire l’ampio intervallo di tempo tra questi eventi, l’azienda Dal Maso ha organizzato pochi giorni fa una tavola rotonda dall’enigmatico titolo: “Durello: utopia o la nuova frontiera?”. Come dicono i cugini francesi, un vaste programme.
L’intento qui era festeggiare i 100 anni di vita della cantina, fondata nel 1919 sui colli di Montebello Vicentino da Serafino Dal Maso, il bisnonno degli attuali proprietari Anna, Nicola e Silvia Dal Maso. L’azienda si impegna nella produzione di vini da tre territori differenti: Gambellara, Colli Berici e Monti Lessini, ciascuna identificata dal proprio vitigno indigeno di riferimento, cioè Garganega, Tai Rosso e Durella. Ed è sulla Durella e il suo prodotto che i Dal Maso riponevano il secondo motivo di questo incontro: nella vendemmia 2015, nacque il Durello Metodo Classico, che sta per essere lanciato sul mercato con ben 5 mila bottiglie praticamente già tutte vendute, un successo ancora prima di uscire dalla cantina. Nello stesso periodo, i Dal Maso hanno introdotto un ottimo Durello Brut Lessini DOC, Metodo Charmat, dal potenziale di 50 mila bottiglie.
L’evento in sè era articolato in un’ampia discussione sulla transizione “Monte Lessini Durello” e in una degustazione-confronto tra diversi vini di stile Metodo Classico. Dalla discussione, il vostro cronista non può riportare altro che esistono - e perdurano - due visioni divergenti: una parte di mondo che contempla con soddisfazione l’attuale mix di produzione tra Charmat (circa il 70% di quanto vinifica la DOC) e Metodo Classico (30%), per un totale di circa 1 milione di bottiglie, e punterebbe ad ampliare questa produzione nonostante i vincoli e limiti oggettivi della zona. E un’altra parte di mondo che impazientemente si chiede cosa aspettino i 34 produttori del “Monte Lessini Durello” a puntare esclusivamente sul prodotto a maggior valore aggiunto, cioè il Metodo Classico. Aspetto non secondario che peraltro contraddistingue tutte le principali denominazioni italiane dedicate alla tipologia: Franciacorta DOCG, Trentodoc, Oltrepò Pavese DOCG, Alta Langa. Nessuna di queste “diluisce” la qualità dell’offerta Metodo Classico con lo Charmat. E nemmeno le aree più piccole, come Etna Spumante, un’area dove ci sono assai più similitudini col Durello che con le altre aree italiane o estere: clima nordico, vitigni indigeni, suoli vulcanici, acidità e sapidità, bassa produzione e qualità distintiva ed elevata.
Dovendo cercare la notizia, onestamente ve n’è una sola da riportare: Nicola Dal Maso ha annunciato che tutta la sua produzione di Charmat verrà progressivamente convertita in Metodo Classico, unendosi così alla esigua pattuglia (meno di una decina) di produttori storici, o più recenti, che stoicamente seguono questo approccio.
Una notizia che si commenta da sola, direi.
Alla cronaca lasciamo l’elenco dei vini degustati nell’ordine:
Moët & Chandon Brut Imperial
Billecart Salmon Brut Reserve
Cà del Bosco Franciacorta Dosage Zero Vintage Collection 2014
Tenuta Corte Giacobbe - Dal Cero Cuvée Augusto Lessini Durello Riserva Dosaggio Zero 2013
Ferrari Trentodoc Perlé Zero Cuvée Zero11
Dal Maso, test di sboccatura di Durello Metodo Classico 2015 dosata con zuccheri a 7 g/l
Dal Maso, test di sboccatura di Durello Metodo Classico 2015 non dosata
Louis Roederer Champagne Blanc de Blancs 2011
Anche qui non c’è nessuna nuova notizia da riportare: il Durello Metodo Classico si confronta benissimo in questa categoria, e lo fa da molti anni a questa parte, sia nella versione “dosata” che “non dosata”, offrendo spunti di interesse per le differenti nuances del gusto soggettivo degli appassionati.
Le carte sarebbero tutte sul tavolo, le opportunità per accrescere il valore aggiunto del “Monti Lessini Durello” sono evidenti, l’interesse del pubblico e degli operatori è sempre caldo.
Cosa serve, ancora?