"Partito dell'etichetta": prende forma una proposta dal Web?

Label_reading_2Ora che Coldiretti e Confagricoltura, da punti di vista diversi, convergono sulla proposta di indicare in etichetta l'impiego di trucioli (chips) nella vinificazione, non resterebbe che affidarsi al rispettivo potere di lobby delle due organizzazioni nei confronti del Parlamento e delle Autorità competenti (Ministero delle Politiche Agricole e Comunità Europea) per vedere finalmente attuata una qualche direttiva di legge circa l'uso dei chips nel vino e la loro eventuale indicazione sull'etichetta.

Non resterebbe, dunque, che affidarsi ai tempi della politica.

Dicevamo qualche giorno fa del dibattito in corso qui su Aristide e su altri luoghi della rete circa le manipolazioni del vino effettuate in cantina dai produttori. In tutti i casi (al 99% dei casi?) si parla di pratiche enologiche consentite dalla legge, e in molti casi rese necessarie per compensare difetti o rimediare a problemi della materia prima nelle annate sfortunate. Mi ripeterò:

"Si tratta di metodi legali ma che non vengono indicati in etichetta. Il vino è, da questo punto di vista, una categoria a parte tra i prodotti alimentari: per esso non è previsto alcun obbligo nell'indicare i coadiuvanti enologici impiegati o le tecniche di manipolazione meccanica del vino o gli ingredienti che ne costituiscono la composizione".

Se il caso dei chips è eclatante anche per il rilievo mediatico di questi ultimi mesi, non sono da meno altre pratiche orientate a trattare il vino con due (generalizziamo?) principali finalità:

  • manipolazione del gusto (per esempio: ottenere il sentore di legno come pure i sentori di fiori o frutta, ecc.);
  • compensare deficit della qualità della materia prima.

Anche queste pratiche dovrebbero essere dichiarate in etichetta? Qui abbiamo visto che qualcosa si potrebbe cominciare a scrivere. Ma seguitemi nei prossimi ragionamenti.

Scrive Luca Risso in questo commento probabilmente da tutti voi notato:

"(...) Si crea un macrodisciplinare che specifica per bene tutto quello che in un vino "di un certo tipo" non può assolutamente essere impiegato (gomma arabica, trucioli, enzimi, acidificazione/arricchimento, osmosi ecc.), e viceversa quelle (poche) cose ritenute indispensabili (SO2 entro limiti precisi, quali chiarificanti ecc.). A tale macrodisciplinare si affianca un logo utilizzabile in etichetta solo da chi aderisce a tali pratiche."

E Fiorenzo Sartore osservava solo poche ore fa: "S'avanza un partito dell'etichetta? Parrebbe. Speriamo...", richiamando un'idea cresciuta tra le discussioni del newsgroup it.hobby.vino (esattamente qui).

Aristide chiede pertanto alla comunità dei frequentatori dei "luoghi del vino" su Internet: non potremmo realizzare una soluzione assai più veloce ed efficace per informare i consumatori?
Senza attendere i tempi verosimilmente lunghi del Parlamento italiano e della Commissione UE, non potremmo sviluppare una proposta di "auto-certificazione" basata, per cominciare, su quanto proposto da Luca Risso qui sopra e completato dai suggerimenti di chi vorrà collaborare per raccogliere un consenso minimo da parte dei produttori interessati?

E non potrebbero costoro, a cominciare dai "pionieri" presenti in Internet, aderire all'auto-certificazione sulle pratiche enologiche impiegate in generale, sui coadiuvanti "indispensabili" (vedi sopra) utilizzati e sulla effettiva "non utilizzazione" di quelli ritenuti "non necessari"?

E non potrebbe essere tutto ciò raccolto in un database consultabile su Internet, con un dominio appositamente creato, con il supporto della pubblicità e della comunicazione di blog, newsgroup, forum, magazine online?

E perché non lo facciamo subito?

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Richiami ai post precedenti di Aristide sull'argomento:

OGO, l'acqua che respira. Prego?

Servizio Pubblico: ping pong sui trucioli nel vino