PIWI, vade retro fungo: il convegno di Lazise
Pilzwiderstandfähig. PIWI. Resistente ai funghi. Una vite ottenuta da incroci, più "pulita" e rispettosa dell'ambiente, più economica da produrre, assolutamente "trendy" e "politically correct" rispetto alle orrende alchimie OGM. Sembra un sogno, qui sul Lago di Garda.
Interessante l'incontro di Lazise dedicato alla realtà e prospettive degli "Incroci di vite tolleranti a oidio e peronospora". Una folta rappresentanza di ricercatori, esperti e produttori si è riunita alla Dogana Veneta di Lazise per fare il punto su una questione che interessa anche voi, cari amici consumatori.
Ecco di cosa si tratta: la viticoltura odierna occupa il 3% della superficie agricola utilizzabile europea, ma impiega il 65% di tutti i fungicidi usati in agricoltura. Perché le micosi sono uno dei peggiori nemici dell'uva, da vino e da tavola, e i produttori non vanno per il sottile nel combatterne gli effetti (nella foto a lato un grappolo d'uva devastato dalla peronospora).
Questa sproporzione è causata dalla incapacità di molte varietà della vite di difendersi dai temibili attacchi fungini (o micosi) come oidio e peronospora: in particolare, le varietà utilizzate in Europa per la produzione di vini DOC/DOP - cioè la Vitis vinifera - non sono dotate geneticamente di questa capacità, mentre in molte specie di vite americana e asiatica - Vitis amurensis, V. labrusca, V. riparia, V. rupestris – la resistenza è geneticamente presente. Dalla metà del XIX secolo si sono tentati numerosi incroci, con il risultato che la resistenza del vitigno è stata raggiunta, ma non sempre con uve dalla qualità ottimale per la produzione di vino.
Tanto perché possiate cominciare a familiarizzare con queste nuove uve, ecco alcuni dei nomi di queste nuove varietà: Aromera, Solira, Regent, Silva, Orion, Phönix, Sirius, Cabenet Carbon, Cabernet Carol, Cabernet Cortis, Prior, Muscaris, Sauvignier Gris, Bronner, Solaris, Johanniter, Seyval blanc, Cabernet blanc, Cabertin, Pinotin, Cabernet Jura, Vinoré, Vinera, I-22, I-30. Contenti, vero? Non vi bastavano i 350 vitigni autoctoni italiani da mandare a memoria! Le provenienze di questi incroci sono tutte collocabili tra Germania, Austria, Svizzera e Francia. In Italia la ricerca si è mossa negli ultimi dieci anni.
Potete aspettarvi che non tutta la qualificata platea di Lazise si sia abbandonata alle suggestioni della "nuova frontiera", al sogno in riva al lago. Ecco alcune obiezioni: tipicità, lealtà, costanza (nelle parole del vivaista Franco Tempesta - nomen omen?), sono le pietre angolari dell’attività del vignaiolo. Risultati conseguiti in decenni di lavoro sui terroir. E ora che si fa con queste uve interspecifiche?
L’introduzione di queste “nuove” varietà sconvolge il profilo produttivo europeo? Ricercare la tolleranza o la resistenza alle micosi implementando Regent, Solaris o Phönix, butterà fuori mercato Cabernet, Sangiovese e Gewürztraminer?
E’ forse questa l’origine delle preoccupazioni di molti ricercatori francesi, sempre più favorevoli a modifiche genetiche mirate per inserire nei geni i caratteri di resistenza desiderati (sì, avete capito, questa cosa si chiama OGM), piuttosto che introdurre “indesiderate” varietà in competizione con le tradizionali uve francesi?
Si contro-obietta: la supremazia della viticoltura di qualità deve rimanere al territorio, non al vitigno. E i vantaggi dello sviluppo della resistenza alle micosi sono innegabili. E la tradizione è quella cosa che chiamavamo innovazione un secolo fa.
La questione, insomma, è apertissima.
Ora che il risultato della resistenza sembra essere consolidato (anche se in varia misura per le diverse varietà realizzate), è arrivato il momento di focalizzarsi sull'obiettivo ultimo di tutta questa attività di ricerca: fare vini buoni.
La degustazione prevista al termine del convegno (a destra una foto della sala), ha presentato 10 campioni di vini tra sperimentali (micro-vinificazioni) e in commercio. I vitigni assaggiati erano per i vini bianchi: Bronner, Aromera, Sauvignier Gris, Solaris e un passito di Bronner. Per i rossi: una serie di vitigni sperimentali contrassegnati da nomi ancora in codice, più un vino tedesco basato sul Pinotin.
Molto convincenti il Sauvignier Gris e il Solaris di Werner Morandell (Alto Adige) tra i bianchi. Ottimo il Pinotin 2008, prodotto da un'azienda tedesca della quale mi è sfuggito il nome, come pure il passito di Bronner 2007 di Werner Morandell.