"L’uso dei trucioli non solo è una truffa ma anche un’interpretazione errata sul piano tecnico dell’enologia e dell’uso del legno".
A titolo di contributo aggiuntivo al dibattito sui chip, o trucioli, in corso in Italia e anche qui su Aristide, riportiamo un'autorevole dichiarazione di Giacomo Tachis, enologo, per trent'anni direttore tecnico delle cantine dei Marchesi Antinori, molti gli attribuiscono la paternità del Sassicaia, forse il più importante vino italiano, come pure del Tignanello e Solaia, vini che hanno cambiato innovandola molta produzione italiana e in particolare quella toscana.
La dichiarazione di Giacomo Tachis, riportata da WineNews qui, si aggiunge a quanto da noi riportato qualche giorno fa riguardo ad un'altrettanto chiara posizione di Emilio Pedron, enologo e Amministratore Delegato del GIV, Gruppo Italiano Vini. Eccone un estratto:
“Il mondo produttivo sta interpretando male l’uso del legno, che siano le barrique, o i trucioli. Il legno serve solo a passare un pizzico di acido gallico ai vini rossi per strutturarli meglio, e niente di più. Secondo l’enologia classica e seria chi impiega i trucioli commette un errore perché usandoli si fa una concia del vino. Allora tanto vale fare un’infusione di legno e aggiungerlo al vino per aromatizzarlo. L’uso dei trucioli non solo è una truffa ma anche un’interpretazione errata sul piano tecnico dell’enologia e dell’uso del legno”.
Chiarissimo, ci sembra.
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Nella foto:
Giacomo Tachis, ripreso da Aristide nell'ottobre 2005.