Radici del Sud 2017
La lunga settimana in Puglia che ho da poco trascorso, con una breve puntata a Melfi, in Basilicata, è stata l'occasione intensa per fare il punto sullo stato del vino nel nostro meraviglioso Sud. Grazie all'invito degli organizzatori di Radici del Sud 2017, XII Salone dei Vini e degli Oli Meridionali (un particolare grazie a Nicola Campanile), ho potuto percorrere un migliaio di chilometri in tre giorni, incontrando numerosi produttori, e poi degustare circa 200 vini nel corso di un week-end.
Radici del Sud si conferma come la maggiore e onnicomprensiva manifestazione dedicata ai vini del Sud. Tre sono le fasi nelle quali sono stato coinvolto: 1) un tour di tre giorni con visite a vigneti, cantine e incontri con piccoli gruppi di produttori (un anello attraverso Manduria, Gravina in Puglia, Melfi, Lucera, San Severo e Bari), 2) al Castello di Sannicandro, le tre sessioni di degustazione per il concorso riservato ai vini del Sud Italia (350 i campioni di vino presentati in concorso dai 145 produttori di Puglia, Basilicata, Campania, Calabria e Sicilia), 3) la conferenza stampa "I vini del Sud Italia alla prova dei Mercati" - con Alessio Fortunato - e il salone con i banchi d'assaggio con i 31 oli extravergine d’oliva e tutti i 350 vini del concorso, finale con la cena preparata da un gruppo di chef del Sud Italia e festa conclusiva fino all'alba.
Il sistema vinicolo pugliese è ampio e complesso:
- 84.200 mila ettari di vigneti
- 7,3 milioni di ettolitri prodotti, dei quali
- 647 mila ettolitri per i vini DOC,
- 2,4 milioni di ettolitri per i vini IGT
- e ben 4.2 milioni di ettolitri di vini comuni
(fonte ISTAT 2015 e I Numeri del Vino).
Puglia - Produzione vino, 2015, stima ISTAT
Gli sforzi dei nostri accompagnatori, Giuseppe Barretta (scrittore e comunicatore indigeno) e Ole Udsen (freelance wine writer), sono stati notevoli e preziosi, riuscendo in pochi giorni nel fornirci una sintesi di tanta quantità e complessità. Ma gli stimoli e le informazioni sono stati tanti e tali che procederò in un racconto per sensazioni e impressioni, sperando di poter approfondire alcuni temi con successive visite e post.
La vastità
La Puglia è grande e lunga. Non esiste una regione italiana che ti colpisca così per la vastità degli orizzonti e dei panorami. Le ore trascorse in viaggio lasciavano contemplare viste lunghe su pianure di grano vigne e olivi, su altopiani ondulati, con solo qualche corrugazione sul confine con la Basilicata, grazie all'azione dei terremoti e del vulcano spento del Vulture, o il profilo alto del Gargano, una specie di ombra lontana per chi arriva da Sud, quasi sembrava un'onda di mare, alta nella bruma del caldo Tavoliere delle Puglie, quei 4 mila chilometri quadrati che aprono il Nord della Puglia, la destinazione finale di tutte le transumanze dalle alture dei dintorni.
La profondità
Puglia, non solo grandi spazi da contemplare: abbiamo abbassato lo sguardo e scoperto canyon in abissi carsici, e grotte come cantine ancestrali nei centri storici. A Gravina in Puglia, per esempio, in Alta Murgia, terra di ottime interpretazioni del Tribidrag - il nome croato originale del Primitivo [Fonte: "Wine Grapes"]. A Santeramo in Colle, qualche chilometro prima di Gravina, la locale Cantina Sociale ne produce di assai interessanti, alcuni anche biologici, ci informano i nostri accompagnatori. Il centro storico di Gravina, a circa 500 mt. s.l.m., si appoggia su un fondale oceanico emerso, è calcarinite, si scava come burro. Ogni casa qui "galleggia" su una serie di grotte in gran parte scavate dall'uomo, per decine di metri di profondità, per trarne rifugio, acqua, locali refrigerati per la lavorazione e conservazione dei cibi, cantine di trasformazione e stoccaggio. Tutto ciò oggi si chiama Gravina Sotterranea, e c'è un'associazione dedicata alla sua conservazione e promozione.
Per fortuna.
La felice anomalia
Dal 1979, lo spumante metodo classico, un perfetto champenoise da uve Bombino Bianco, varietà indigena, Montepulciano d'Abruzzo e Pinot Nero. Nell'agro di San Severo, Foggia, a pochi chilometri dalle falde meridionali del Gargano. Una cantina che produce solo sei interpretazioni diverse dello stesso stile, sei gran belle bottiglie da varie cuvée per una versione rosé e altri Brut da varie combinazioni di queste uve. I creatori di questa felice anomalia pugliese - Girolamo D’Amico, Ulrico Priore e Louis Rapini - sembra si divertano a chiosare "non siamo di certo una di quelle marche che dominano le pagine pubblicitarie", "siamo quasi un segreto che si custodisce gelosamente e si rivela agli amici più fidati". Per capire, basta andare a San Severo e se vi aspettate di trovare la classica cantina, in centro storico peraltro, vi sbaglierete di grosso. L'ingresso sembra una bottega, ma in un passo vi troverete in un elegante e funzionale tinello di una casa patrizia, adorno di premi incorniciati e ricordi in bacheca. Poi, una ripida scala in mattoni vi fa sprofondare nel mondo magico di una cantina del '700, con circa 200 mila bottiglie accatastate in affinamento, pupitres, moderni giro-pallet, insomma l'opificio vinoso della maison pugliese D'Araprì.
Unicorno della spumantistica del nostro Sud, perché è l'unica azienda meridionale ad avere tali caratteristiche, con tutta la produzione dedicata allo spumante metodo classico, sposando vitigni in buona parte indigeni con il Pinot Nero, da vigneti a bassa altitudine (80-100 m. slm.) ma ben ventilati, su suoli argillosi su base calcarea. Per vini freschi, complessi, eleganti. Chapeau!
Il Nero di Troia
Ancora lo chiamano Uva di Troia, e l'origine sembra proprio essere la cittadina foggiana e non la mitica città dell'antica Grecia. Viene coltivato principalmente nella zona settentrionale della Puglia, intorno a Lucera, Cerignola e Troia, provincia di Foggia, oltre che nella zona di Bari, Barletta, Andria, Trani. E proprio a Lucera abbiamo incontrato un gruppo di produttori. Come suggerisce il nome, da vini di intenso colore, con tannini elevati, anche se spesso lo "tagliano" con altre varietà. Ma chi lo fa in purezza può sorprendervi con interpretazioni eleganti e gustose.
Qualche esempio? Cantina Sociale di Barletta Passionero Nero di Troia 2013, Antica Enotria Nero di Troia 2013 e Il Sale della Terra 2011, Valentina Passalacqua Cosìsono 2014, Rivera Il Falcone Riserva Castel del Monte 2011 e Puer Apuliae Nero di Troia 2011, D'Alfonso del Sordo Casteldrione Nero di Troia 2014.
Aglianico del Vulture
Bella la scelta di collocare il nostro incontro con un gruppo di produttori in un cortile interno del Castello di Melfi, il maniero normanno svevo tra i più grandi del Sud Italia. Siamo in Basilicata, la cerniera storica e geografica che si trova incastrata tra Campania, Puglia e Calabria, fino al Medio Evo un'area assai più dinamica di molte regioni del nostro Nord, al centro di commerci e conflitti tra le influenze di Greci, Romani, Bizantini, Normanni, Svevi, Aragonesi, Spagnoli e tanti altri, ma anche scuotimenti geologici potenti che oggi la classificano come "Zona 1", il livello di area sismica più pericoloso. Un aspetto che ha fortemente condizionato lo sviluppo di queste regioni, soprattutto dopo il XV secolo e fino a tempi recenti. Ma almeno i vulcani rendono favori all'uomo paziente, e quello inattivo del Monte Vulture non fa eccezione: qui fiorisce una zona vitivinicola di grande interesse e pregio, che concilia un vitigno nero, vigoroso, potente, tardivo, concentrato e tannico, con climi freschi ma secchi di quei pendii vulcanici (tra i 200 e 600 mt. s.l.m.). Le condizioni ideali per addomesticare uve tali e destinarle a vini importanti per lunghi affinamenti, perché solo col tempo si ottengono grandi risultati. La grande acidità e tannicità gli hanno fatto guadagnare - presso la critica internazionale - il nomignolo di "Barolo del Sud". A me basta inserirlo nel ristretto club dei grandi rossi italiani.
Qualche esempio? Lagala Aquila del Vulture Aglianico del Vulture 2011 e Massaròn Aglianico del Vulture Riserva 2007, Il Passo Alberi in Piano Aglianico del Vulture 2013, Tenute D'Auria Quercia di Annibale Aglianico del Vulture 2013, Musto Carmelitano Serra del Prete Aglianico del Vulture 2013 e Pian del Moro Aglianico del Vulture 2012, Cantine del Notaio L'Atto 2015, Carbone 400 Some Aglianico del Vulture 2012 e Stupor Mundi Aglianico del Vulture 2013, Camerlengo Camerlengo Aglianico del Vulture 2009. E il Casa Maschito Basilicata Rosso 2015, vincitore della categoria secondo i wine writer del concorso.
Tribidrag alias Primitivo alias Zinfandel
Tribidrag è il nome originario di questa varietà identificata in Dalmazia, Croazia. In Puglia lo chiamano Primitivo, in California Zinfandel. Le peregrinazioni di questo vitigno sarebbero degne di un capitolo a parte, dato che solo di recente le ricerche sul DNA hanno stabilito che si tratta in tutti e tre i casi della stessa varietà di uva rossa [Fonte: "Wine Grapes"]. Un dettaglio interessante riguarda l'etimologia di Tribidrag, la parola croata richiama un termine greco dal significato "maturazione precoce" che a sua volta richiama il termine latino primativus dal quale deriverebbe l'attuale Primitivo. Un'uva trasformata principalmente nell'area occidentale del Salento, su terra rossa e calcare, tipica della zona di Manduria che abbiamo visitato (immagine sopra), senza dimenticare l'area di Gioia del Colle, ondulata di colline che offrono altitudini più elevate, quindi freschezza e maggiore eleganza ai vini. Tutti, in ogni caso, accomunati da importanti livelli di alcol.
La visita alla cantina dei Produttori di Manduria, cooperativa del 1932, ci ha fatto incontrare un gruppo di produttrici dell'Associazione Donne del Vino, le quali hanno propiziato una piccola grande scoperta: il Madrigale Primitivo di Manduria DOCG Dolce Naturale 2012, da alberelli di Primitivo di 80 anni di età, di morbida ma contenuta dolcezza, un grande vino, al punto che confinarlo al ruolo di comprimario da dessert mi sembra un limite che le coraggiose signore di Manduria possono osare sfidare.
Contributi ulteriori
L'amica e collega Elisabetta Tosi compila sul proprio blog VinoPigro il racconto di alcune "scoperte" di ottimi e particolari vini campani, in particolare un'azienda relativamente nuova - Bosco de' Medici - e un'azienda più storica - Agnanum, entrambe caratterizzate da particolari contesti viticoli.
Leggete qui "Radici del Sud: incontri, assaggi, scoperte".
Vito Gallo è stato il fotografo "embedded" della nostra esperienza in Puglia e Basilicata. Incaricato dagli organizzatori di documentare il viaggio, ha pubblicato in queste ore l'intera collezione di immagini, che è visibile qui.
Katarina Andersson, wine writer svedese praticamente naturalizzata a Firenze, ha documentato un breve istante della festa conclusiva di Radici del Sud 2017, il momento della pizzica...
La pizzica a after-party at #Radicidelsud2017 https://t.co/x6UifDbrY2
— Katarina Andersson (@ricasoli99) June 5, 2017
e nel proprio blog Grapevine Adventures ci ha lasciato il suo punto di vista: "One big wine family: the essence of #Radicidelsud in Puglia".
Aggiornamento
Alfonso Cevola. wine blogger, importatore texano e ambasciatore del vino di Vinitaly, sul suo blog On the Wine Trail in Italy scrive del viaggio che abbiamo condiviso per Radici del Sud, con alcune notevoli osservazioni su 40 anni di frequentazione della Puglia:
"Cracking the code in Puglia is not something one can do in a week. This is a large (and long) region. (...) This region is an island by virtue of its size. Not an island like Sicily, or Sardegna, but a landlocked landmass that admits not just anyone. Oh yes, you can arrive to there, and walk and drive and swim and sleep and eat and love your experience. But to enter the deep caverns, to discover what lies under the surface, that is not for the weekend wanderer. This is just arriving to me, after 40 years, an inkling of what Puglia really represents to Italy. It is not a heel; it is a cultural anchor, a mooring, a support, to keep the peninsula in balance with the world that swirls all around it".
Alfonso Cevola, 40 Years - On the Wine Trail in Puglia