Ancora una scorribanda Etnea
Una settimana sul vulcano del vino, l'Etna, la Montagna signora del destino che ritorna a essere grande dopo essere già stato grande.
Un'esperienza inebriante poterla raccontare nella sua essenza liquida e per fortuna non incandescente come lava: il vino. Raccontarla a un pubblico internazionale di operatori eno-turistici, convenuti per l'itinerante conferenza IWINETC, per la prima volta in Italia e giusto alle falde della Montagna.
Esperienza condivisa con l'inseparabile amica Valeria Càrastro di Etna Wine Lab, in due ore intense di apparato visuale per sintetizzare la degustazione "irrituale" di otto vini, espressi nei concetti di verticalità del gusto nelle altitudini dei cinque versanti dell'Etna - in attesa, forse un giorno, del sesto, quello Occidentale. Così questa Etna DOC magari la facciamo diventare una "O", anziché l'odierna "C" rovesciata dell'attuale disciplinare, e restituiamo alla storia presente quella cella che tra Adrano e Bronte ospitò il primo embrione dei grandi vini dell'Etna, nei 90.000 (novantamila) ettari che furono della seconda zona produttiva mondiale, quei vini celebrati e premiati nel XIX secolo, e venduti "al nord" italico e francese.
Perché non si può dimenticare il primato di quella filiera, si rischierebbe di non capire il ritorno frenesiaco di interesse per gente e vini che tutto vorrebbero fuorché frenesia e furore commerciale.
Una settimana proseguita guidando un gruppo di nuovi amici stranieri (però magicamente già integrati nel luogo) per vigne e cantine della "C" rovesciata degli Etna Bianco, Etna Bianco Superiore, Etna Spumante Bianco, Brut e Rosato, Etna Rosato ed Etna Rosso. E constatare come stia crescendo, lenta ma costante, l'attenzione all'accoglienza del turista sia esperto che semplice curioso. Certo, c'è ancora tanto da pensare, studiare, aggiornare, organizzare, pulire, recuperare, ma tra non molto il problema intorno alla Montagna sarà gestire abbondanza, non scarsità. Così auguro e mi aspetto.
Poi le Contrade dell'Etna, "momento di popolo" nel Castello Romeo alla periferia di Randazzo, finalmente sede appropriata e spaziosa per l'idea originaria di Andrea Franchetti, Passopisciaro, e i suoi amici, oggi arrivati a oltre 60 cantine presenti.
Ancora e ampiamente perfettibile in diversi aspetti (comunicazione, spazi per stampa e professionisti, questa cosa un po' controversa dell'anteprima della vendemmia di cinque mesi prima, il 2016 crudo di vasca) ma segno inequivocabile della "fermentazione tumultuosa" in atto, che coinvolge e agita donne e uomini, indigeni ed espatriati, tutti legati da intrecci di passioni, visioni, speranze, interessi.
Sensazione confermata, il pomeriggio dopo, nella passeggiata nella nebbia piovigginosa di questo freddo inizio di aprile a Milo, in compagnia dei fratelli Benanti, Antonio e Salvino, che ci mostrano la loro visione del futuro immediato e della loro scommessa sull'Etna Bianco Superiore e la capacità di attrarre il turismo del vino: una scommessa di circa 8 ettari di vigneto, con infrastrutture per lo svago vinoso e l'accoglienza, prossimamente pronta per attirare l'attenzione sul concetto che Etna è un intero vulcano di diversità, anziché un singolo versante.
Scommessa condivisa nella collaborazione competitiva con la storica presenza in zona dei Baroni di Villagrande e Murgo, e l'attivissimo Salvo Foti / I Vigneri, che in Contrada Caselle concentra 9 ettari, e altri produttori di rilievo che arrivano e si preparano, tutti insieme, a vivacizzare il versante orientale del vulcano.
Una vera goduria per tutti noi.