Ricevo e pubblico volentieri il testo dell'intervento del prof. Vincenzo Zampi, Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese presso l’Università di Firenze, a cui il Consorzio del Sagrantino di Montefalco ha affidato l’incarico di mettere a punto le procedure per la sperimentazione della classificazione. L'intervento del prof. Zampi si è svolto ieri a Montefalco.
Buona lettura.
Bozza per l’intervento al Convegno del 19 novembre 2009
Il percorso per l’avvio della sperimentazione di un modello di Classificazione
Nel corso degli ultimi anni il Consorzio di Tutela dei Vini di Montefalco ha messo in atto numerose iniziative volte alla valorizzazione dei vini provenienti del suo territorio e che hanno riguardato sia il fronte della produzione che quello dell’approccio al mercato.
In questo ambito è stata presa in esame anche la possibilità di realizzare una classificazione di merito dei Montefalco Sagrantino ispirata al modello francese. Dopo aver svolto uno studio accurato è stato così messo a punto un possibile modello di classificazione che, con i dovuti adattamenti, richiama quello che è stato adottato a Saint Emilion a partire dalla metà degli anni ’50 del secolo scorso.
Il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, dopo aver preso visione del lavoro preparatorio svolto ed averne riconosciuto il rilievo e la validità, ha stabilito con Decreto emanato in data 18 dicembre 2008 di affidare ufficialmente al Consorzio di Tutela dei vini di Montefalco il compito di svolgere una sperimentazione per la realizzazione di una Classificazione dei vini DOCG Montefalco Sagrantino.
Il Consorzio di Montefalco si è così attivato per passare dalla fase progettuale a quella operativa, volta a realizzare concretamente la sperimentazione di un modello di classificazione che, come recita il decreto ministeriale, permetta “l’identificazione di precise classi di prodotto, rapportate ad obiettivi e stabili criteri di valutazione dei requisiti qualitativi intrinseci e di rinomanza sui mercati, nell’interesse sia dei produttori che dei consumatori”.
Il convegno organizzato a Montefalco per il 19 novembre 2009 rappresenta l’avvio ufficiale di questa sperimentazione, la cui conclusione è prevista per l’autunno del 2010, termine che il Ministero ha posto per la presentazione dei suoi risultati.
Le finalità ed i caratteri del modello di Classificazione proposto.
a) Finalità
Le ragioni di ordine generale – ovvero potenzialmente valide per qualsiasi Denominazione vinicola italiana – che possono giustificare l’adozione di un sistema di Classificazione possono essere le seguenti:
1) può fornire un’occasione di grande visibilità a livello internazionale: se – come ci è dato sapere – si tratta del primo caso di applicazione organica di un modello di questo tipo al di fuori della Francia, la Classificazione può diventare a determinate condizioni un’importante occasione per suscitare interesse a livello globale; un’opportunità di rilievo soprattutto per quei prodotti che, pur presentando carattere di eccellenza, ancora non godono di adeguata notorietà a livello internazionale;
2) può essere uno strumento di grande aiuto nel definire meglio il “posizionamento” presso il pubblico di un marchio territoriale (Denominazione di origine): spesso sotto l’ombrello dello stesso marchio territoriale convivono vini che presentano delle combinazioni prezzo/qualità molto diverse fra loro; questa circostanza può generare confusione nei consumatori che possono trovarsi in difficoltà nel formarsi una chiara idea dei valori qualitativi associabili ad una determinata denominazione d’origine (problema di percezione del valore); un problema rilevante soprattutto per quelle Denominazioni che, pur presentando numerosi casi di eccellenza, ancora non sono state in grado di consolidare una precisa immagine di qualità sul mercato (posizionamento);
3) può aiutare a promuovere e valorizzare in modo sostanziale l’identità territoriale comune (marchio territoriale – Denominazione d’origine): proprio in relazione alla questione richiamata al punto 2, uno dei principali problemi che caratterizza molte delle principali Denominazioni vinicole italiane è la difficoltà di costruire una efficace sinergia fra le imprese-leader – che svolgono un ruolo insostituibile nel costruire la reputazione del territorio di appartenenza e nell’aprire la strada sui mercati – e l’insieme delle altre imprese che fanno parte della medesima Denominazione. La Classificazione può rappresentare un modo per superare questo limite, permettere alle aziende di operare in modo sinergico al fine di costruire di una solida identità territoriale, contemperando le esigenze e le potenzialità dei diversi attori operanti all’interno di una medesima Denominazione di Origine: ovvero, permettendo, da un lato, alle imprese-leader di veder riconosciuto il loro ruolo e, dall’altro lato, dando in cambio a tutte le altre una sostanziale valorizzazione del marchio comune; in tal modo si riduce il rischio che l’identità territoriale possa entrare in conflitto con quella delle singole aziende, facendo anzi in modo che, incrementando la sua reputazione, rappresenti un elemento di sicurezza e garanzia per tutti coloro che la condividono
4) può essere uno strumento per favorire l’ulteriore sviluppo in senso qualitativo – in tutti i modi in cui questa espressione può essere intesa – delle aziende e dei loro prodotti; se i criteri su cui si fonda la Classificazione sono in grado di richiamare efficacemente i criteri su cui i mercati di riferimento effettuano le proprie valutazioni, può fornire alle imprese produttrici uno schema di riferimento utile per valutare i propri punti di forza e di debolezza secondo una logica che non è – come spesso capita nel nostro Paese – di tipo “autoreferenziale”; questo può essere di grande aiuto in vista del raggiungimento di livelli di qualità sempre più elevati e, soprattutto, al fine di valorizzare le proprie individualità e specificità in modo più coerente con le logiche dei mercati a cui si intende rivolgersi.
b) Caratteristiche del modello di Classificazione proposto.
Il modello di classificazione proposto per la sperimentazione si ispira principalmente quello adottato da più di cinquat’anni a Saint Emilion, di cui è ripresa l’impostazione generale sia pure con numerosi adattamenti alla specifica situazione di Montefalco ed a quella italiana in genere.
Gli aspetti salienti del modello sono:
1) sono classificati vini (delle “etichette”) e non vigneti;
2) i criteri di classificazione fanno riferimento, prima di tutto, a requisiti propri del singolo vino e che fanno riferimento in particolare a parametri di qualità e notorietà oltre che al prezzo; sono poi presi in considerazione anche alcuni requisiti propri dell’azienda produttrice;
3) la valutazione di merito è informata ad logica di “certificazione”, ovvero di verifica di risultati già raggiunti e non al puro apprezzamento discrezionale da parte dei membri della commissione; anche la valutazione della qualità (organolettica) prevede esplicitamente l’esame dei giudizi che la stampa specializzata nel periodo di riferimento; lo svolgimento di degustazioni da parte della Commissione di valutazione rappresenta uno strumento complementare volto a verificare taluni aspetti che non sempre è possibile dedurre da fonti esterne, quale ad esempio la verifica della capacità di un vino di invecchiare;
4) la Commissione di valutazione sarà costituita da soggetti esterni a Montefalco, che saranno scelti dal Ministero fra personalità di rilievo del mondo del vino ed espressione dei principali ambiti di competenza all’interno del settore.
5) è prevista la revisione della Classificazione ad intervalli di tempo pre-definiti, inizialmente più ravvicinati (3-5 anni) per poi diventare più lunghi (10 anni, come Saint Emilion).
La sperimentazione sul Montefalco Sagrantino
a) Perché la necessità di una sperimentazione?
Come premesso, ciò che viene presentato il 19 novembre 2009 è la sperimentazione del modello di Classificazione appena illustrato.
Tutti sono perfettamente consapevoli delle difficoltà e delle resistenze che la realizzazione di un progetto di Classificazione è verosimilmente destinato ad incontrare. Per questo il primo obiettivo è quello di cercare di verificare se in Italia è possibile adottare una Classificazione dei vini appartenenti ad una specifica Denominazione d’Origine secondo un modello ispirato a quello francese.
La speranza è ovviamente quella che la sperimentazione abbia esito positivo ma, in ogni caso, vi è una diffusa convinzione che valga la pena di svolgere questo tentativo in quanto appare senz’altro opportuno accumulare esperienza intorno ad un tema su cui nei prossimi anni le imprese del settore saranno con tutta probabilità chiamate comunque confrontarsi.
b) Perché a Montefalco?
Il fatto che sia stato proprio il Consorzio di Tutela dei vini di Montefalco a farsi promotore di questa iniziativa non è casuale. Il Montefalco Sagrantino puà essere infatti considerato un irripetibile laboratorio in cui sperimentare e cercare di metterle a punto una Classificazione.
Il Sagrantino di Montefalco presenta infatti tutte le caratteristiche per poter sfruttare gli effetti positivi di cui si è detto sopra: nonostante la presenza all’interno dell’area produttiva di un numero significativo di imprese che singolarmente hanno saputo già dimostrare di avere doti di eccellenza, la notorietà ed il prestigio di questo vino non è ancora pari al valore ed alla unicità che questo che già oggi è in grado di esprimere.
Allo stesso tempo, la particolare combinazione fra le dimensioni sostanzialmente limitate dell’area di produzione e il numero – proporzionalmente elevato – di aziende che, in vario grado, hanno già dimostrato di avere doti di “eccellenza”, rende Montefalco un naturale laboratorio per svolgere un esperimento di Classificazione che, attraverso il riconoscimento esplicito dei valori raggiunti dalle imprese leader e la chiara indicazione a tutti i produttori di quali siano i benchmark di riferimento, permetta un sostanziale sviluppo del valore della comune identità territoriale.