Archiviata l'edizione dell'Anteprima Amarone Millesimo 2005, tenutasi questo week-end a Verona. Tentare un bilancio, si può? Ci proveranno in molti: pioveranno sentenze, critiche e complimenti a-critici. Decine di giornalisti italiani ed esteri (finalmente!) si sono accalcati nella saletta degustazione approntata dal Consorzio Tutela Vini della Valpolicella per degustare gli Amarone della Valpolicella 2005 delle 64 aziende presenti.
Dotati di strumenti sensoriali sensibilissimi ma solidissimi, questi moderni eroi hanno sfidato con metodo e professionalità la più alta montagna alcolica della produzione vitivinicola italiana, per non parlare delle concentrazioni di materia uvosa in quei vini accumulata, grazie alle magiche pratiche dell'appassimento di uve Corvina, Corvinone, Rondinella e più raramente Molinara, con eccentriche aggiunte di Oseleta, o qualche altra uva autoctona ormai dimenticata.
E speriamo che la lista delle uve si fermi qui. Forse no, ma il Consorzio, per bocca del suo nuovo presidente, Luca Sartori, sta prendendo ancora più sul serio di prima alcune minacce "di mercato" all'integrità dell'Amarone della Valpolicella. Controlli serrati e fascette di garanzia sono le misure principali, ma tutta la denominazione è avvertita, gli sceriffi buoni sono sulle strade.
Ma torniamo ai nostri eroi, quei critici del vino che dopo 64 degustazioni di "vinelli" con gradi medi reali pari a 16% vol., vi spiegheranno tutto dell'Amarone. Arrivano da fuori, si chiudono in una stanza per qualche piacevole oretta, e sciorinano sentenze. Teniamoci forte. Districarsi tra le variabili in campo non è facile nemmeno da lucidi: due macro-territori (Classica e Valpolicella Doc, detta volgarmente "allargata"), tre macro-terroir (pianure, colline, alte-colline), tre macro-tendenze tra i produttori ("tradizionalisti", "modernisti", "mercatisti"), diversi approcci nella conduzione agronomica (convenzionali, biologici - certificati e no, bio-dinamici - certificati e no, ecc.), due approcci nella conduzione dell'appassimento ("tradizionalisti - senza climatizzatori", "modernisti - con de-umidificatori e climatizzatori), diversi approcci nella trasformazione enologica ("minimalisti", "realisti", "modernisti", ecc.), nessuna zonazione della regione di produzione, e mi fermo qui.
Assaggiateli "crudi", questi Amarone, e la confusione è notevole.
Ma una tendenza di fondo c'è. Potrebbe essere un segnale per il prossimo futuro. E' un ritorno al modello "classico" dell'Amarone. Sembra che il pendolo della Storia possa invertire la sua marcia, tornando verso i vini "magri", assai meno concentrati o "marmellatosi", vini più orientati alla ricerca di eleganza. Meno stucchevoli e dolci, più bevibili e duttili per il pasto o la meditazione. Sono vini di produttori spesso giovani anagraficamente, o da poco dedicatisi alla produzione di Amarone. Meno attratti dal mercato dove si affollano tutti, più concentrati sulla propria identità, perchè quella un mercato lo trova sempre.
P.S.: ho presentato alla conferenza stampa di Anteprima Amarone il nuovo social network Terroir Amarone. Un grazie sentito ai responsabili del Consorzio Tutela Vini della Valpolicella per l'opportunità offerta.
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La foto di apertura: grappoli d'uva per Amarone, in appassimento appesi a cordicelle.