Questo post è dedicato ad un vino "minore", come ce ne sono tanti in Italia, ma di grande tradizione locale ed interesse. Vi parlo del Recioto "vivace" di Gambellara Doc, prodotto da pochissimi vignaioli in Gambellara, comune al confine tra le province di Verona e Vicenza. La denominazione "vivace" qui utilizzata si riferisce a quella versione di Recioto realizzata con la fermentazione naturale in bottiglia, ma senza raggiungere quella pressione interna tale da far scattare la denominazione "frizzante" (superiore a 1,5 bar) o "spumante" (superiore a 3 bar). Semplicemente "vivace".
Da queste parti si è sempre prodotto questo tipo di vino. Prima che le barrique, i disciplinari moderni ed altre complicazioni rendessero non-conveniente produrre questa piccola rarità, questo era il vino che tutte le famiglie producevano per i giorni di festa. A Gambellara il Recioto "Classico" si ottiene da uve Garganega (come a Soave e Monteforte d'Alpone, del resto) rigorosamente cresciute in collina, in ambiente che appare ancora integro. Infatti, il comune di Gambellara sorge in una zona abbastanza incontaminata dall'antropizzazione selvaggia del nord-est italiano: i capannoni industrial-artigianali e le annesse "casette del geometra" sorgono un po' più a valle, un po' più vicini all'autostrada A4.
Una volta si vendemmiava l'uva da Recioto nei 'giorni del rosario' (ai primi d'ottobre), badando a cogliere soltanto il primo grappolo "della posta", cioè il grappolo più vicino al supporto della vite ovvero il primo del ramo della spalliera. I grappoli si sistemavano ad appassire sulle "arelle", tavolati di canne palustri che venivano riutilizzati dalla produzione dei bachi da seta (come in Valpolicella, del resto). Oppure venivano appesi ai "picai", dal nome dei legacci per legarli al tetto della soffitta. Quando l'uva era pronta (perdeva almeno il 60% d'acqua), la spremitura avveniva in luna calante, durante una serata serena (perché più fredda), ai primi di dicembre. La fermentazione avveniva in botte, in cantina. Il Recioto ottenuto dalla rifermentazione in bottiglia era sempre "vivace". Quello "fermo" era considerato un errore del vignaiolo: lo chiamavano "Recioto Martelon", perché troppo concentrato e forte di alcol.
Si usavano legni particolari, allora: di solito da alberi da frutto come pesco, ciliegio, ecc., che conferivano profumi e aromi particolari al vino. E poi la messa in bottiglia: o nella luna di Pasqua o nella luna di agosto, ma sempre in bottiglie rigorosamente 'riciclate'. Per la tappatura si spendeva più del solito: anziché ricorrere al cuore della pannocchia di granoturco, si ricorreva al tappo di sughero, detto allora 'tappo Vera Spagna', legato con la cordina alla bottiglia. Come si nota nella foto qui a lato, uno dei produttori contemporanei usa il tappo "corona" applicato sopra il tappo di sughero.
Inevitabilmente, le cose sono cambiate: molte in meglio, altre sono andate perdute. Di fatto, la produzione di Recioto "vivace" è limitatissima, praticamente sulle spalle di sette od otto vignaioli locali. Una rarità, dunque, che Aristide ha degustato in tre interessanti interpretazioni.
- Az. Agr. Zonin Roberto, Recioto Gambellara Doc 2006. Garganega selezionata di collina, 13% vol. Recioto "vivace" dal colore tenue, tenui sono anche i profumi vegetali, gusto piacevolmente fruttato, dolce ma non troppo (zuccheri: 20-25 gr./lt.). Sorprendentemente persistente; buon vino per dolci al cucchiaio a base di creme. Prezzo franco cantina: €4,20, Iva esclusa.
- Marchetto Luciano, Recioto Gambellara Doc 2006. 12,5% vol. Recioto "vivace". Anch'esso di colore tenue, profumi vagamente floreali, gusto fruttato ma un po' meno equilibrato del precedente. Prezzo franco cantina: €4,80, Iva esclusa.
- Natalina Grandi, Recioto Classico Gambellara Doc 2004, 13% vol. Recioto "vivace". Piacevole il gusto di lievito, ma risente un po' di "stanchezza" a causa dei due anni in più. Peccato. Prezzo franco cantina: €5,00, Iva esclusa.
Dove potete trovare questi vini? Solo a Gambellara village, nelle cantine dei produttori. In generale, Recioto "vivace" di Gambellara è un vino ideale per dolci alla crema o al cucchiaio, quei dolci che accompagnereste con un Moscato d'Asti, per intenderci. Ma ad Aristide è balzata alla mente un'altra esperienza passata: la Blanquette de Limoux, il nonno dello Champagne. Laggiù, nel sud-ovest francese, si consuma vino dolce (ma a questi stessi livelli di zuccheri) soprattutto all'ora dell'aperitivo... Un'idea per il futuro del Recioto "vivace" di Gambellara?
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Le foto di questo post sono dell'autore e ritraggono le bottiglie dei tre vini descritti nel post.