Del Vino Autentico
Ragioniamo sul concetto di "vino autentico". Su molti blog, soprattutto americani, è in corso un dibattito su quali siano gli elementi che contraddistinguano un vino autentico, naturale, vero. In questo contesto, si identifica generalmente 1.un vino coerente con la filosofia biodinamica, 2.prodotto in piccole quantità, 3. con ricorso a tecniche tradizionali. E' evidente la contrapposizione con l'industria del vino ed il suo progressivo imporsi grazie alla globalizzazione dei mercati.
Ciò che alimenta questo dibattito fa parte di un ciclico ripresentarsi della domanda di "ritorno alla natura", un'esigenza che si manifesta con una certa regolarità sin dal "secolo dei lumi". Negli ultimi 25 anni, questa domanda ha investito anche il mercato del vino, sempre più globale ed "industrializzato". La sensibilità dell'opinione pubblica verso i temi dell'ecologismo e della difesa ambientale dall'azione dell'Uomo, cominciata nei paesi anglosassoni nel '800, si consolida oggi come ieri in movimenti di opinione sostanzialmente anti-industriali, che spesso richiamano un certo ritorno ad una società pre-industriale. E questa sensibilità si è rivolta anche al vino ed ai suoi meccanismi di produzione e commercializzazione applicati a società non più industriali, ma post-industriali e globali.
La sintesi del dibattito in corso ci conduce a dueaffermazioni contrapposte:
- Le tesi di Mondovino: il film di Jonathan Nossiter rappresenta bene, al momento, un certo manifesto culturale basato sui concetti della viticoltura non-intervenzionista, che vede il vino come arte e terroir, dove il winemaker interviene il meno possibile con tecniche artificiali nella manipolazione del vino (tralasciamo qui le ulteriori argomentazioni di Mondovino sugli effetti della globalizzazione);
- A questa si contrappone la cinica ma, pensiamo, obiettiva constatazione che " (...) la natura non fa il vino. La natura fa l'aceto. Soltanto interferendo con il processo naturale riusciamo a fermarlo allo stato di 'vino'. Infatti, il vino non sarebbe mai esistito senza l'umanità" (fonte: il blog Huge's World of Wine - sorry, il link è attualmente disattivo).
Di fronte a queste due posizioni "polari", Aristide ha compreso che abbiamo l'oggettiva impossibilità di distinguere nel bicchiere un vino "autentico", "naturale", da un vino che abbia subito anche parzialmente un processo di trasformazione di tipo industriale. La via della certificazione di qualità non costituisce la soluzione (molti produttori biodinamici addirittura la rifiutano), e il nostro dilemma rimane nel bicchiere.
Per quanto si affannino gli onesti produttori, per esempio dediti all'approccio biodinamico, i rischi della loro attività in termini di marketing sono:
- la difficoltà nel sottolineare la differenza del vino vero, autentico, naturale, rispetto ad un ottimo vino di produzione industriale o "moderna";
- la sensazione, peraltro già diffusa, di essere i portatori di una "nuova moda" anzichè di valori e differenze significative nella qualità del vino che ci troviamo nel bicchiere.
Non siamo certi della soluzione, ma abbiamo l'impressione che l'unica via di fuga per il consumatore sia quella di approfondire la conoscenza con il produttore originario, con le pratiche in uso nella sua vigna e in cantina. Si tratta di un approccio faticoso, che richiede ampi investimenti sulla propria cultura in fatto di vino e sui processi di produzione dello stesso. Quindi, non alla portata di tutti. Certo anche noi comunicatori potremmo esser d'aiuto e senz'altro Aristide è già su questa strada.
Come contributo finale alla comprensione del problema del "vino autentico", proviamo a sintetizzare qui sotto i punti sui quali si incardinano le varie filosofie richiamanti il concetto di vino autentico, naturale, vero:
- Lieviti autoctoni
I vini naturali sono creati utilizzando esclusivamente i lieviti naturali presenti nell'uva, in vigna ed in cantina. Lieviti selezionati artificialmente servono, secondo la dottrina "naturalista", ad accelerare forzosamente la fermentazione e ad ampliare la gamma degli aromi e sapori del vino. - Vendemmia manuale
Rigorosamente esclusa la vendemmia con mezzi meccanici. - Basse rese
Le basse rese (quanta uva per ettaro o per pianta viene prodotta) garantiscono una maggiore concentrazione e qualità dell'uva e, conseguentemente, del vino. Rese al di sotto dei 50 quintali per ettaro sono tipiche di impianti o molti antichi, o appositamente gestiti dal produttore per ottenere questo obiettivo. - Viticultura naturale
Il focus di queste pratiche sta nel considerare il suolo come un organismo da alimentare e tenere in equilibrio con metodologie naturali, spesso richiamanti antiche pratiche di campagna cadute in disuso. - Nessun, o minimo, zuccheraggio
Si vuole evitare una gradazione alcolica elevata ottenuta con la pratica dell'addizionare zuccheri ai mosti (pratica legale e perseguita un po' dovunque nel mondo) - Nessuna, o minima, filtrazione
La filtrazione dei vini viene bandita, ad eccezione di alcuni vini destinati all'invecchiamento. - Vinificazione non-intervezionista
In pratica è la negazione del lavoro di molti enologi: si vuole evitare che l'imposizione di stile al vino limiti l'espressione del carattere e del terroir. No ai sapori di legno di rovere, no ai profumi e aromi di frutta o fiori "pompati". L'impiego di anidride solforosa (solfiti) viene bandito o tollerato in minima quantità.
Ai lettori che interessi un ulteriore approfondimento, segnaliamo questo interessante libro (in inglese):
- Real Wine: The Rediscovery of Natural Winemaking, di Patrick Matthews
- qui un'interessante recensione, qui la scheda del libro, all'inizio del post la sua copertina.
Altre fonti utilizzate per questo post: