Prima che qualche giornalista cominci a parlare di cyber-vigna, vignaiolo-virtuale o vino-cibernetico, vediamo di raccontare e poi commentare la seguente notizia: una società californiana, la Grape Networks Inc. (specializzata in sistemi per uso militare), sta installando presso i vigneti delle tenute della Beringer Vineyards' una rete di sensori collegati in rete attraverso connessioni radio digitali (Wireless Sensor Network), dedicati alla raccolta di informazioni sulla temperatura, umidità e luce tra i vigneti. Questa rete è costituita da numerosi nodi (sensori) posti a circa 150 mt. di distanza massima uno dall'altro. I dati rilevati dal singolo sensore vengono raccolti dalla rete wireless in un server disponibile in Internet o Intranet per la consultazione in tempo reale, in forma aggregata o puntuale.
Future applicazioni prevedono che i sensori possano gestire, nell'area
di loro pertinenza, l'irrigazione e/o fertilizzazione automatica sulla base dei
dati continuamente raccolti in campo, consentendo non solo di
monitorare ma di intervenire sul micro-clima del più remoto angolo di
vigna.
Bene. La viti-vinicoltura non è certo il teatro più adatto per
applicazioni high-tech estreme. La sensibilità del coltivatore
coniugata all'esperienza tramandata di padre in figlio, pongono
l'attività del winemaker in un ambito definito più dai propri sensi che
dalla tecnologia.
Questa rete senza fili ci garantisce, dunque, di bere un vino migliore? Assolutamente no.
In presenza di estensioni di vigneti significative su terreni con molte
criticità, può facilitare il lavoro del coltivatore monitorando
situazioni "difficili" in tempo reale? Assolutamente si.
A ciascuno la sua scelta.
Come abbiamo scritto in un precedente post, la questione oscilla tra la difesa delle tradizioni locali, delle pratiche consolidate, e la competizione con i produttori del Nuovo Mondo:
(...) La preservazione delle tradizioni e delle pratiche storicamente applicate nelle varie regioni (del mondo, ndr.) è, da una parte, un'indiscutibile difesa della propria identità. Ma le identità evolvono. Nulla impedisce ai produttori europei di abbracciare con meno diffidenza le innovazioni tecnologiche, cercando di fare leva sulle differenze qualitative che terroir, pratiche centenarie, tradizioni, e tutte le conoscenze tecniche sedimentatesi nel tempo, ci consentono di arrivare a produrre una fantastica varietà di tipologie di vini (basate molto spesso su vitigni autoctoni) che nessun altro continente al mondo può sognarsi di avere. L'identità giustamente difesa è tra l'altro fondata proprio su innovazioni tecnologiche apportate negli ultimi 4 secoli in Europa e concentratesi nel XX secolo: dall'abate Dom Perignon fino ai giorni nostri, la storia dei grandi vini europei è fatta dallo studio scientifico e dalle innovazioni tecniche introdotte, le sole che hanno consentito di raggiungere i livelli qualitativi odierni.
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Fonti:
Vinography (thanks!);
Un'altra applicazione simile, ma basata su una rete Wi-Fi.