Aristide, il wine blog di Giampiero Nadali

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L'Etna del vino tra crescita e cambiamento

Persino il grande vulcano, la Muntagna, s’è presa una pausa e - tra uno sbadiglio e l’altro - osserva gli accadimenti umani sotto di sè. Torno sull’Etna dopo qualche anno di assenza e, per la prima e unica volta, la Muntagna non si manifesta com’era solita fare negli ultimi 15 anni, con pennacchi di cenere o esplosioni piroclastiche o colate magmatiche.

Anche il vulcano, come gli uomini e le donne dell’Etna del vino, è in una fase di cambiamento? Sta forse accumulando nuova energia per inattesi stravolgimenti? Cosa cova sotto la lava tiepida? La risposta non credo che sia in possesso di nessun fortunato essere umano, e di aruspici capaci non se ne vedono in giro.

L’occasione per tornare è stata “Contrade dell’Etna 2024”, da tempo ritenuto l’evento centrale dell’anno, una sorta di rendez-vous agrario in salsa alcolica: nella mitologia corrente era considerato un evento generato dal basso, dalla ‘ggente del vulcano. In realtà, “Contrade” è stato ideato da un solo produttore peraltro “forestiero”, Andrea Franchetti, e organizzato in collaborazione con un’assoluta minoranza di produttori che aprivano le loro cantine alla “festa”, aprendo nel contempo anche il loro portafoglio per sostenere l’evento.

Tutto bello, tutto romantico (finché era gratis): nel frattempo Etna DOC arriva a 209 cantine (nel 2010 erano 30 iscritte al Consorzio quando il vostro cronista mise piede la prima volta sul vulcano), l’interesse cresce, l’attenzione mediatica internazionale pure e con essa l’arrivo di esigenti wine critics, abituati a eventi su standard professionali decisamente elevati. Insomma, l’inevitabile cambiamento e conseguente successo della denominazione portano rapidamente a modificare lo scenario. E così anche l’evento cerca come può di adeguarsi ai tempi nuovi.

Ovviamente, le critiche abbondano mentre le presenze in questa edizione scarseggiano rispetto al 2023. Le vivaci discussioni in corso tra produttori piccoli e grandi, testimoniano che qualcosa probabilmente si muoverà, ma sugli esiti e tempi si accettano sin d’ora le vostre scommesse. Gli elementi di cronaca li trovate nel testo a fianco.

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Non essendo appassionato particolarmente da queste tematiche (sono questioni che appartengono ai produttori e quindi preferisco lasciarli al loro lavoro), nell’occasione di “Contrade” ho cercato soprattutto di annusare l’aria su qualcosa di nuovo del quale nessuno ancora parla e su qualche tendenza o protagonista del quale parleremo.

Ne ho individuate almeno due: versante Est e olio EVO.

Versante Est

L’Etna del vino viene convenzionalmente ripartita in 4 o 5 versanti, dove a Est da sempre spicca la zona di Milo, dove il vino Bianco dell’Etna diventa “Superiore” e si presenta con caratteristiche tali da collocarlo tra i migliori vini bianchi del mondo. Detto così, semplicemente, senza esagerazione. Leggete qui un mio post precedente: Etna Bianco Superiore di Milo.

Da alcuni anni, diversi produttori e soprattutto autoctoni, sono riusciti a collocare una loro presenza nella preziosa area vitivinicola di Milo. La ridotta disponibilità di terreni per la viticoltura (il clima particolare e piovoso ha consentito qui (e più che sugli altri versanti) lo sviluppo di frutticoltura (alle quote medio-basse) e silvicoltura (alle quote più alte), limitando lo spazio per la viticoltura. Quindi, la ricerca di spazio ha cominciato a spingersi nella zona a nord di Milo, intorno ai villaggi di Sant’Alfio, Puntalazzo e Montargano, in una fascia ideale tra i 600 e 700 metri s.l.m.

Qui su terrazze affacciate sul Mar Tirreno e in vista di Taormina e la Calabria, stanno nascendo realtà produttive che nel luogo e nei tipi di intervento ambientale che ho potuto constatare di persona, segnalano il livello di potenzialità di questa porzione di versante che potrebbe essere espressa in un futuro molto ravvicinato.

Etna, versante Est, Montargano: Tenute La Greca

Una guida d’eccezione mi ha accompagnato nell’esplorazione di questa porzione di versante Est: si tratta di Nicola Gumina, un tecnico locale di grande esperienza e competenza, per non parlare della passione e sensibilità che emana in ogni suo gesto e sorriso. Oltre alla propria attività di piccolo produttore etneo (zona Rovittello, Contrada Piano Filici, versante Nord), Gumina è consulente di diverse realtà vinicole. Qui a Monteargano sta “plasmando” 13 ettari di terrazze per alberelli dedicati a Nerello Mascalese e Carricante. Il committente - Mario La Greca di Tenute La Greca - ha da poco deliberato il progetto per la nuova cantina che si inserirà con discrezione ed aprirà l’attività entro tre anni.

Tutto viene curato con estrema attenzione e sensibilità, badando a non alterare nessun manufatto originale, dai muretti a secco in pietra lavica alle torrette che svettano in più punti. Lo stesso approccio vale per buona parte della vegetazione originale, compresi alcuni alberi da frutto, querce, conifere.

Entusiasmante.

Confinante con questa tenuta, si scorge il vigneto di un altro protagonista etneo: Fabio Costantino da Viagrande, nel vigneto di TerraCostantino è stato uno degli alfieri del biologico certificato sull’Etna DOC. E’ arrivato anche a Monteargano dopo aver messo in produzione e commercio un Etna Bianco Superiore a Milo, estendendo la sua attività anche qui.

L’Olio

E’ il tassello più importante di qualsiasi realtà vitivinicola mediterranea. Sull’Etna ci sono delle potenzialità notevoli, ma la frammentazione delle proprietà fondiarie e delle visioni imprenditoriali ne hanno impedito lo sviluppo come un marchio di qualità riconosciuto e in grado di lavorare in sinergia col sistema vino. Ma sembra che - finalmente - le cose stiano cominciando a cambiare.

Sul territorio c’è già un piccolo gioiello autoctono che ha guadagnato il suo posto nel cuore degli appassionati di gastronomia e biodiversità.

E’ l'oliva Brandofino, conosciuta anche come Randazzese (ma anche Nostrale, Randazzisa e Mantonica), prospera sui pendii vulcanici settentrionali di Randazzo e Castiglione di Sicilia. Questa cultivar, sebbene considerata minore (spesso viene miscelata con la cultivar più diffusa, la Nocellara Etnea), è apprezzata per le sue caratteristiche uniche e per il suo contributo alla biodiversità. Il suo olio extravergine di oliva, spicca per un gusto distintivo, riconoscibile, una vera delizia. Le sfide climatiche e ambientali delle zona vulcanica conferiscono a questo olio proprietà organolettiche notevoli, come testimoniano i produttori locali.

Ho parlato con alcuni di loro e mi hanno confermato che stanno cominciando a discutere e coordinarsi per lanciare un progetto intorno al Monte Etna DOP, un’iniziativa che vorrebbe puntare a una migliore integrazione tra produttori olivicoli e frantoiani trasformatori, valorizzando le cultivar in base alle zone di produzione e qualificare la commercializzazione di un olio che è già oggi di alta qualità.

Nonostante le sue dimensioni ridotte, l'oliva Brandofino ha un valore culturale e gastronomico inestimabile, tanto da essere inclusa nell'Arca del Gusto di Slow Food. Non ci resta che incrociare le dita e augurarci che il lavoro discreto in corso in questi giorni tra gli attori interessati porti al risultato sperato.

In bocca al lupo!