Pinot Grigio Ramato sarà un caso di studio

Pinot Grigio Ramato sarà un caso di studio

Uva di Pinot Grigio in maturazione, Val di Cembra

Uva di Pinot Grigio in maturazione, Val di Cembra

Il Consorzio DOC delle Venezie annuncia che il Pinot Grigio Ramato diventerà un caso di studio: hanno deciso “di investire prima di tutto nella ricerca associata al Pinot grigio e, in particolare, alla sua versione rosata o ramata. Una tipologia che a tutti gli effetti rappresenta la storia e la tradizione vitivinicola di questo vino-vitigno legato a doppio filo al Nordest italiano sin dalla fine dell’800”.

Un passante alieno a questo punto si chiederebbe come mai una cosa così sentitamente storica sia stata trattata alla stregua di una commodity, producendo in bianco un’uva che di suo è rosa, anzi color rame o “ramata”. Ormai è assodato che le nozioni di marketing di base non siano equidistribuite in natura, per cui non attardiamoci in ragionamenti sul passato e salutiamo con gioia quanto già Aristide auspicava esattamente (coincidenza?) 10 anni fa, il 30 giugno 2011 in questo post, “Ramato Grigio: facciamone un marchio”:

“…voglio soffermarmi brevemente sulla tipologia di Pinot Grigio cosiddetta "ramato", una sorta di vino rosé che non è un rosé, bensì un bianco. Si ottiene con macerazioni - di solito comprese tra le poche ore e i tre o quattro giorni - sulle bucce di uva Pinot Grigio, le quali avendo un colore naturalmente "ramato", trasferiscono questa particolare caratteristica al vino. Per uno di quei fenomeni difficilmente comprensibili nel mondo del vino, ben pochi produttori mantengono questa caratteristica originaria, e preferiscono vinificare in bianco un'uva che bianca non è. Scelte di mercato, gusti dei consumatori e opportunità enologiche, hanno fatto del Pinot Grigio il "bianco" italiano più venduto al mondo, ma anche la più grande commodity enologica del nostro paese.
(…) molti produttori non identificano in etichetta e nel nome del vino la caratteristica "ramato", e la ricerca per noi consumatori ne rende difficile l'individuazione.

(…) mi è sorta un'idea: perchè non differenziare nel nome un vino che è molto differente dal modello imperante di Pinot Grigio? Perchè nascondersi nella moltitudine indifferenziata di molti "grigi" banali e non dichiararsi con un marchio esplicito?

Chiamiamolo "Ramato Grigio", per esempio. Proviamo?

Scritto 6 anni prima della costituzione del Consorzio stesso (aprile 2017) e dieci anni prima di questo odierno annuncio. Del resto, per passare all’azione occorre studiare e impostare strategie, coinvolgere i produttori, convincerli a mutare comportamenti consolidati.

Il tempo è la tassa inevitabile. Soltanto che in Italia è più elevata che altrove.


Qui il comunicato stampa ufficiale:

DOC DELLE VENEZIE, IL PINOT GRIGIO ROSATO DIVENTA UN CASO DI STUDIO

Il Consorzio di Tutela al fianco del Centro Ricerca Viticoltura ed Enologia di Conegliano per selezionare i cloni migliori destinati alla produzione della tipologia rosata
Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la modifica di disciplinare della DOC delle Venezie: emanato il decreto che permetterà di utilizzare i termini “rosato”, “rosé” o “ramato” in etichetta

Verona, 03 agosto 2021 – Il vino rosato è oggi più che mai sulla bocca di tutti. I trend parlano chiaro: il consumatore globale, soprattutto quello britannico, tedesco, statunitense e canadese – mercati di riferimento per la DOC delle Venezie con oltre l’80% di export destinato a questi Paesi – cerca e beve rosé. Le prospettive sono incoraggianti, dunque, per la tipologia, soprattutto nel complesso panorama post-pandemico.

Se l’industria vinicola è impegnata a cavalcare l’onda delle “mode rosa”, il Consorzio delle Venezie – che rappresenta gli operatori della filiera produttiva di Pinot grigio DOC del Veneto, Friuli-Venezia Giulia e della Provincia Autonoma di Trento, una delle aree a vitigno unico più estese al mondo –, attraverso uno studio iniziato già nel 2017 e guidato dal Dottor Diego Tomasi del Centro Ricerca Viticoltura ed Enologia (CREA-VE) di Conegliano, ha deciso di investire prima di tutto nella ricerca associata al Pinot grigio e, in particolare, alla sua versione rosata o ramata. Una tipologia che a tutti gli effetti rappresenta la storia e la tradizione vitivinicola di questo vino-vitigno legato a doppio filo al Nordest italiano sin dalla fine dell’800: qui viene oggi prodotto l’85% del Pinot grigio nazionale e il 43% di quello globale.

Benché sia principalmente diffuso e conosciuto a livello mondiale per la sua versione bianca, il Pinot grigio deve il suo nome proprio al tipico colore grigio dell’uva e per questo il risultato della vinificazione “tradizionale”, ossia lasciato macerare con le bucce per un tempo variabile, è un colore ramato o “buccia di cipolla”.

Lo scopo del progetto, condotto dal CREA-VE e finanziato dalla Regione Veneto, è quello di studiare e confrontare le proprietà ampelografiche di 17 cloni di Pinot grigio provenienti da diversi areali produttivi di Italia, Francia, Germania e Serbia: forma e compattezza del grappolo, forma dell’acino, spessore della buccia, proprietà coloranti (quantità di polifenoli e antociani), resistenza alla botrytis, sono tutte informazioni qualitative fondamentali per la progettazione del nuovo vigneto e per la gestione dei processi di vinificazione, in particolare nelle fasi di ammostamento e macerazione.

Uno studio di grande interesse scientifico e divulgativo, su due annate, che permetterà non solo di selezionare attraverso l’analisi dei diversi campioni e delle micro-vinificazioni i cloni di Pinot grigio migliori per la produzione del “rosato”, ma di definire anche una vera e propria “identità del colore”da applicare anche in etichetta, scegliendo quindi il termine più coerente rispetto al risultato ottenuto – rosato o ramato - nell’ottica di cogliere le migliori opportunità e tendenze di mercato.

Un tema caldo portato nel 2020 sul tavolo del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali dal Consorzio delle Venezie DOC e conclusosi a seguito dell’emanazione del decreto - e la successiva pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del testo con la prima modifica ufficiale al Disciplinare di Produzione - che, senza mettere mano alla base ampelografica, permetterà di riportare in etichetta i termini “rosato”, “rosé” o “ramato” riferiti alla specifica tipologia e che a tutti gli effetti formalizza una tipologia già esistente.

“Nel frattempo” racconta Diego Tomasi “abbiamo provveduto ad allestire un altro impianto sperimentale con lo scopo di confrontare 13 diversi portinnesti tutti innestati su Pinot grigio. Il cambio climatico, delle tecniche agronomiche, dei caratteri dinamici del suolo e delle attese qualitative, obbligano ad una attenta e forse diversa scelta del portinnesto. Le verifiche fisiologiche e di espressione genica, dovrebbero portare in poche stagioni a nuovi consigli per il viticoltore”.

“È ormai evidente che il trend del rosato sia in forte crescita”, chiosa il Presidente del Consorzio di Tutela Albino Armani “Mi preme sottolineare che la nostra attenzione verso la tipologia esula da qualsiasi moda del mercato o del momento. È un lavoro del tutto indipendente iniziato già agli albori della nostra DOC, che vanta basi molto solide e importanti studi preliminari sull’aspetto enologico e viticolo. La ricerca sarà utile ai nostri produttori di Pinot grigio per poter fare un grande rosato e categorizzarlo in maniera precisa e scientifica, soprattutto ora che abbiamo ottenuto l’approvazione della modifica del disciplinare che ci permette finalmente di formalizzare una categoria che da sempre è nostra”.

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