L'OIV, Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino, comunica che l'Italia ha aumentato la propria quota di mercato internazionale nel 2011, passando dal 21,8% al 24,3% (qui l'ultimo rapporto rilasciato con i dati).
Federico Castellucci, direttore generale dell'OIV, precisa però - nell'intervista qui sotto riportata - che "la Francia ha aumentato di poco le quantità, pur crescendo in valore".
Il trionfale comunicato stampa rilasciato dal Vinitaly non sottolinea che si sta parlando di export in volumi (ettolitri), non in valori (euro). Perché il problema rimane sempre quello: noi vendiamo il vino a meno della metà del prezzo al litro praticato dai francesi. E i signori giornalisti dovrebbero ricordare e spiegare al pubblico questo fenomeno, senza intrattenersi nel "gioco delle tre carte" tra volumi e valori.
Il rapporto dell'OIV non dispone dei dati di fatturato (o valori). Ho incontrato Federico Castellucci al Vinitaly e mi ha confermato quanto sia difficile, se non impossibile, raccogliere informazioni su quanto fatturino le filiere. Però, basta dare un'occhiata ai dati elaborati da Marco Baccaglio nel suo blog "I numeri del vino": non molte settimane fa (qui il post), Baccaglio pubblicava una sua elaborazione sui dati ufficiali. Da questa emerge che:
- "il valore della produzione mondiale di vino e’ oscillato negli ultimi anni tra 53 e 56 miliardi di euro annui. Il valore di 56.3 miliardi del 2010 sarebbe il massimo mai raggiunto, essenzialmente grazie all’incremento del valore medio del vino esportato.
- Di questo valore, il 38% deriverebbe dalla Francia, il 15% dall’Italia, l’8% dagli USA. Questo il quadro del 2010. Se andassimo 5 anni indietro, ci troveremmo la Francia al 39%, l’Italia al 18%, la Spagna all’8% e l’Australia al 6%.
- (...) Il problema vero e’ che esportiamo nel 2010 a 180 euro per ettolitro contro i 190 del 2005 e che la Francia e’ passata da 400 a 469. Questo e’ il vero problema".
Appunto.
La nostra filiera dovrebbe lavorare per colmare la distanza in valore tra noi e la Francia. Creare valore aggiunto nel vino è una condizione indispensabile per remunerare soprattutto la parte agricola della filiera, a garanzia dei livelli qualitativi richiesti dai mercati. Sorprende che tra i moltissimi lettori "professionali" del blog di Baccaglio, nessuno di loro abbia sentito la necessità di commentare o discutere di quei dati. Peccato.
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Ecco il testo del comunicato stampa del Vinitaly.
Intervista di Vinitaly a Federico Castellucci, direttore generale dell’Oiv
L’ITALIA DEL VINO CONQUISTA IL 24,3% DEL MERCATO MONDIALE
I dati presentati oggi dall’Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino mettono in luce una ulteriore avanzata dell’Italia sui mercati internazionali. Bene anche gli altri principali Paesi esportatori europei, mentre arretrano per il secondo anno i produttori dell’Emisfero Sud.
Verona, 22 marzo 2012 - Italia sempre più leader dell’enologia mondiale, con un incremento della quota di mercato internazionale che è passata dal 21,8 al 24,3% tra il 2010 e il 2011. Lo dice l’Oiv – Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino, che ha presentato oggi a Parigi il punto di congiuntura della vitivinicoltura mondiale.
Arretrano invece nel loro complesso e per il secondo anno consecutivo i Paesi dell’Emisfero sud mentre sostanzialmente stazionaria è la posizione degli Stati Uniti.
«L’Italia ha lavorato bene su tutti i fronti – dice Federico Castellucci, direttore generale dell’Oiv, in un’intervista a Vinitaly –, mentre la Francia ha aumentato di poco le quantità, pur crescendo in valore. La Spagna ha incrementato molto la quota di sfuso, in particolare verso il Cile dove, a causa del devastante terremoto del 2010 è andato distrutto oltre 1 milione di ettolitri di vino. Brillante la Germania sia con l’imbottigliato che con i vini importati sfusi e riesportati confezionati – spiega Castellucci –. È il caso dei bag in box, richiesti dai mercati della Scandinavia dove questo tipo confezione copre il 50% dei consumi».
Merito della crescente propensione all’export dei produttori del Vecchio continente, ma anche – secondo Castellucci – «della nuova ocm vino, che ha dirottato i fondi per la distillazione delle eccedenze verso le attività di promozione e incentivato l’estirpazione dei vigneti, con una riduzione della superficie vitata comunitaria di circa 175.000 ettari». Per dare la misura del calo, basti pensare che la Germania conta poco più di 100.000 ettari di vigneto. L’abbandono definitivo ha però permesso un riequilibrio della produzione.
Com’è il trend del commercio internazionale di vino? «In crescita – risponde Castellucci – tanto che ormai 4 litri di vino su 10 vengono consumati al di fuori dei Paesi di produzione».
L’Italia è sempre il primo esportatore mondiale, grazie anche alla bella performance del 2011 con una crescita del 12% in valore e del 9% in quantità.
Che ripercussioni avrà sulle sue quote di mercato la forte riduzione della vendemmia 2011? «Si potrebbe creare una tensione – dice Castellucci -, del resto il calo produttivo italiano equivalente a quasi 7 milioni di hl corrisponde al 70% della produzione tedesca. C’è però da dire che la continua riduzione dei consumi interni che l’Italia fa registrare, stimata nel 2011 pari a 1,57 milioni di hl rispetto al 2010, rende disponibile maggiori quote di vino da destinare all’export».
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