Il paradosso del declino del Vinitaly
"Vinitaly caput mundi dell’enologia, con un incremento del 4,4% degli operatori esteri per un totale di 47.000 provenienti da oltre 110 Paesi e soprattutto da nuovi mercati (dati in attesa di certificazione FKM), per un totale di 152.000 presenze. Oltre 2.500 giornalisti accreditati, in arrivo da oltre una cinquantina di Paesi".
Così, in sintesi, ecco i numeri del successo del Vinitaly, secondo quanto comunicato dagli stessi organizzatori. Eppure, proprio all'apice del successo, che non può crescere all'infinito, il Vinitaly potrebbe trovarsi sulla sommità di una curva di progressi che hanno raggiunto il limite fisico all'espansione.
Diciamolo: considerata la collocazione della Fiera al centro di una grande città, i costi per accedervi ed esporre, i grandi numeri da realizzare e gestire, le sempre troppo poche risorse da dedicare, io credo che più di così al Vinitaly non si possa fare. A questi limiti strutturali ormai raggiunti, aggiungo che tutte le grandi fiere del mondo sono state messe in crisi dalla progressiva smaterializzazione del commercio.
Lo spunto mi viene dall'esperienza personale: tutte le grandi fiere che mi è capitato di frequentare come espositore o cliente, oggi non esistono più o si sono fortemente ridimensionate. Internet è tra le prime responsabili, ma anche la massa critica eccessiva che queste fiere raggiungono prima o poi le fa collassare. I mercati sono dinamici, affrontano le innovazioni con spericolato coraggio, insomma per correre serve essere leggeri.
E un altro spunto mi viene da questo piccolo editoriale di Vitisphere: "Evolution du commerce des vins : l’exemple du Salon DUVERNAY en Savoie". Dove si spiega che il futuro delle fiere del vino è sempre più nelle mani dei saloni regionali, fiere più piccole ma molto più rappresentative del territorio e dei produttori locali. I vantaggi di un modello basato sulle piccole dimensioni e una forte capacità di comunicare all'esterno (con tutti i mezzi disponibili dell'online e offline) mi sembrano evidenti.
Ora, non posso negare che queste riflessioni provengono in parte dagli esiti del convegno su vino e web dello scorso Vinitaly. Per chi si appassiona alla cronaca sul tema segnalo due tre contributi:
- l'equilibrato post di Filippo Ronco - "A piccoli passi" - che, insieme al sottoscritto ha condiviso l'esperienza dal palco dei relatori invitati;
- il meno "sereno" Antonio Tomacelli - "Angelo Gaja e il convegno delle beffe" - seguito da interessanti commenti:
- l'amico Stefano Franceschi - "Il convegno su wine&web fa flop...".
Aggiungo una sola cosa. Alzando lo sguardo dal nostro ombellico di wine blogger in qualche modo insoddisfatti dal convegno, consideriamo lo scenario descritto più sopra: non credo che al Vinitaly basterà collegarsi meglio al mondo della rete, magari puntando a qualche forma di integrazione. Non basterà a salvarne le dimensioni e l'influenza attuale. Troppo tardi, il futuro ha cambiato direzione, ancora una volta.
Il futuro del "vino da esporre" (perché il vino abbisogna della degustazione per essere valutato e comprato) è in modelli fortemente diversi dal Vinitaly. Fiere regionali di territorio, costi di accesso più bassi e competitivi, integrazione spinta con marketing e comunicazione online (tutto l'anno e non solo il mese prima della fiera!), eventi all'estero sempre più mirati e frequenti.
Allora, siete pronti a salutare il prossimo declino del Vinitaly e la nascita di un nuovo modello di esposizione del vino?