Il vostro wine blogger è di ritorno da una “missione commerciale” al ProWein di Düsseldorf, Germania, la fiera del vino per soli professionisti: qui vengono solo aziende produttrici e operatori della filiera del commercio internazionale. I consumatori qui non entrano. Per una volta, così sembra, i professionisti si incontrano a quattr’occhi e finalmente si occupano di business vis-a-vis, in una delle fiere del vino più esclusive del mondo.
Qui è il trionfo dell’intermediario del vino. Questo è il luogo della “Grande Distorsione”, l'antro degli specchi, il maestoso "Duomo gotico" eretto dall'intermediazione del vino, dove la realtà è semplicemente intravista o riflessa tra le sue navate e vetrate. Il produttore qui incontra gli intermediari grandi e piccoli "che fanno" il business del vino, ormai globale come tanti altri business.
La grande messe di opportunità offerte dalla globalizzazione qui si sottopone alla verifica dei fatti. O meglio: alla verifica della percezione dei fatti che l'intermediario commerciale propone al cliente-produttore. Quest'ultimo, nella particolare relazione tra venditore e compratore, quasi mai controlla il coltello dalla parte del manico, ovvero quasi mai si trova in una posizione di forza, a meno che non sia un brand affermato già nelle mani di altri intermediari (importatori o distributori che siano).
Nella stragrande maggioranza dei casi, egli difficilmente può sottrarsi al potere enorme dell'intermediario, potere peraltro gentilmente concesso nei tempi lunghi della storia del vino. Siamo chiari: il business del vino moderno è stato codificato dai grandi mercanti inglesi quattro secoli fa quando inventarono il Porto, due secoli dopo il modello si affinò e crebbe a Bordeaux. ProWein stessa è nata da un'iniziativa di commercianti di vino.
Pertanto, se lo sprovveduto visitatore non vi avesse mai riflettuto, o non avesse mai figurato cosa sia il "peso" dell'intermediario nel business del vino, ecco che a Düsseldorf dispone ogni anno di tre giorni di percezione aumentata, diciamo così, di cosa valga quel "peso".
Vale molto, direi tutto. O quasi tutto. Perchè se è vero che senza mercanti non v'è business, è soprattutto vero che senza consumatori paganti-e-beventi il wine business manco comincia.
Tutto avviene, qui nel Duomo gotico del wine business, alle spalle del consumatore finale, che sarebbe il convitato di pietra del caso. In nome dei suoi desideri e aspettative - in qualche modo fatti percepire ai produttori - si compiono fortune e disgrazie, miracoli o piccoli crimini o truffe. Se immagino che proprio nell'ombra delle portentose colonne di questo Duomo si "concepiscono" molti vini che "Il Mercato Vuole", non posso che provare un fremito di ammirazione.
Con questi pensieri si aggirava il vostro blogger, umile evangelista della "Causa della Dis-Intermediazione", più volte illustrata in questo piccolo blog (qui, per esempio).
Non so dirvi quanto Internet e la sua capacità di cambiare il business del vino sia percepita qui, tra le navate del grande Duomo gotico dell'intermediario del vino. Immagino che, come ai tacchini non piaccia antipare il Natale, nemmeno a questi intermediari piaccia sentire parlare di dis-intermediazione, ovvero la possibilità di accorciare il rapporto tra produttore o consumatore, sempre più diretto grazie ai social Infatti, grazie a Internet, per la prima volta nella storia le cantine hanno reali e dirette informazioni su ciò che il mercato pensa dei loro prodotti da chi beve in realtà i loro vini.
Meno intermediari, meno giornalisti, meno filtri tra chi produce e chi consuma.
Rivoluzione? Se proprio volete parlarne qui, al ProWein, fatelo sottovoce.