Premio Godio e il "vino dello Chef"
Elias Schwienbacher, cuoco diciannovenne del ristorante dell'Hotel Arnstein, a Santa Gertrude in Val d'Ultimo (BZ), si è aggiudicato l'edizione 2009 del "Premio Godio", dedicato alla memoria di Giancarlo Godio. Chef di origine piemontese, Godio scelse di installare il proprio ristorante, Genziana, a Fontana Bianca, uno sperduto gruppo di case in cima alla Val d'Ultimo (BZ). Primo ristorante a guadagnarsi la "stella Michelin" in Alto Adige, Godio attirava lassù un ricco e variegato popolo di gourmet, mentre al pranzo dei giorni feriali il locale fungeva da mensa per gli addetti della locale centrale idroelettrica. Godio scomparve nel marzo del 1994, a causa di un incidente aereo. Da allora, la Genziana è morta con lui.
Ho partecipato alla bella manifestazione organizzata alla malga Schwemmalm, a 2.150 metri d'altitudine, dove si è celebrato un bel momento di gastronomia, sotto la regia di Helmuth Köcher, il patron del Merano Wine Festival & Gourmet. Per l'occasione, era presente anche il CERVIM, con una selezione di vini di alta montagna.
Non mi soffermerò sul ricordo personale di un pranzo domenicale con diversi amici alla Genziana, un paio d'anni prima della scomparsa di Godio. Perché c'è un libro, presentato alla malga Schwemmalm, che segnalo per chi conosceva Godio e la Genziana e per chi non lo ha mai nemmeno sentito nominare, che è dotato di un forte impatto visivo ed evocativo della storia di Godio e della sua vicenda in Val d'Ultimo. Il libro si intitola "Blu. Giancarlo Godio. Una stella della bonne cuisine" (copertina nella foto di apertura). In questo libro capirete che in Italia il mondo della gastronomia d'eccellenza e di territorio non è cominciato con il Gambero Rosso o lo Slow Food, ma ben prima.
E' un libro che si divora, letteralmente, anche grazie alla bellissima grafica di Alfonso Demetz, e ai testi curati da un gruppo di autori: Daniel Breitenberger, Werner Oberthaler, Markus Breitenberger. Non mancano alcune ricette di Godio, così come aneddotti e storie particolari.
Una di queste è dedicata al nostro amato vino, alla sua sfuggente soggettività e - ogni tanto - alla capacità di non prendersi troppo sul serio:
«Godio era uno straordinario intenditore di vini, così come lo era della gastronomia. In cantina aveva segnato ben chiari sugli scaffali i nomi dei suoi tesori. (...) Al menu doveva corrispondere sempre una certa scorta di vini in cantina. Di tanto in tanto restavano dei rimasugli. Godio un giorno provò a fare un esperimento. Svuotò tutte le rimanenze di vino, sia rosso che bianco, in una botte. Dopo 14 giorni andò a vedere che cosa ne era venuto fuori. Al primo assaggio concluse: "Per l'Enel va bene". E in effetti, nessuno reclamò. Dopo un paio di giorni riassaggiò il vino della botte: "Adesso è troppo buono per l'Enel". Godio versò il vino in bottiglie da 7/10 e lo propose come "vino della casa" e come "vino dello Chef". La sua nuova creazione enologica si vendeva meglio dei vini di marca. "Questo vino è sorprendentemente migliorato", diceva Godio a chi sapeva della storia, ridendosela sotto i baffi».
Tratto dal capitolo "In vino veritas ?" del libro "Blu. Giancarlo Godio. Una stella della bonne cuisine", edito dal Circolo Culturale di Lagundo con il Gruppo Blau (Daniel Breitenberger, Werner Oberthaler, Markus Breitenberger, Alfonso Demetz), edizione italiana di Silvano Faggioni e Laura Piovesan Schütz; 176 pagine, €35, ordinabile qui.
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Le foto di questo post:
- la copertina del libro "Blu. Giancarlo Godio. Una stella della bonne cuisine";
- Elias Schwienbacher (a destra) riceve il diploma del Premio Godio da Helmuth Köcher (a sinistra), sotto gli occhi della moglie di Godio, Elisabeth Gamper Godio di Anna Godio, sorella di Godio e Angelika Godio, figlia di Godio (al centro);
- malga Schwemmalm, avvio della manifestazione all'esterno;
- Giancarlo Godio.