Logroño, Rioja, Spagna. Su segnalazione dall'Italia, leggo con divertita sorpresa questo commento del giornalista Franco ZIliani sul proprio blog Vino al Vino. Come spesso accade, Ziliani si "diverte" ad attaccare chi non la pensa come lui (legittimamente), ma senza citarne il nome, o dare altri riferimenti ai propri lettori. Questa volta se la prende con Aristide per questo suo recente commento sul "caso Brunello di Montalcino":
«prendono sempre più piede i sostenitori dell’illegalità legalizzata, coloro che dicono che poiché in commercio ormai ci sono parecchi “Brunello” creativi, che interpretano liberamente il disciplinare, allora occorre cambiarlo e ufficializzare una politica, assurda, di doppio registro”. L’ultimo esempio di questa mentalità che oggettivamente sostiene l’opera di furbetti e disonesti, é di un wine blogger italiano, che nel suo post sul pronunciamento di Gaja scrive tra l’altro: “Occorrerà prendere atto della realtà, ovvero che esistono due tipologie di Brunello di Montalcino vendute sotto la stessa etichetta. Quello “tradizionale”, coerente con il disciplinare, prodotto da poche aziende. Quello “moderno” (o come vi pare chiamarlo), prodotto ovunque e comunque grazie al supporto di altri vitigni”. Certo, poi scrive anche che “Questo non é Brunello di Montalcino, è una truffa commerciale ai danni dei consumatori, ma il successo economico al quale ha contribuito sotto gli occhi di tutti gli operatori è un dato di fatto, che ha avvantaggiato tutti e imbarazzato ben poche anime belle”, ma non spende una sola parola per dire che il trinomio Sangiovese - Brunello - Montalcino non si tocca, che non c’é motivo di creare Brunello di Montalcino, o semplicemente Brunello da un lato e Montalcino dall’altro come qualcuno propone, a doppia identità. Lo faccio invece io da mesi, beccandomi, ma la cosa, tanto più arrivando da lui non mi fa un baffo, dell’”anima bella”…»
Scritto da Franco Ziliani, il 28 Agosto, 2008 at 09:21
Aristide risponde:
Ziliani, ci eravamo lasciati con l'impegno di ignorarci. E così ho scrupolosamente fatto finora.
Non accennavo minimamente a Lei nel mio commento su Aristide che Lei riporta senza citare fonte e nome.
Non so se la sua anima sia bella, sono affari Suoi. Constato però che è sicuramente egocentrica e megalomane: non si tiri in ballo quando non c'entra affatto.
Aristide ha l'abitudine di fare nomi e cognomi, senza riferimenti obliqui, e La invito a rispettare le medesime regole di etichetta Internet, almeno quando tratta del mio blog, citando propriamente i post, le fotografie e i commenti dei quali Le capiterà fare riferimento.Le "anime belle" a cui mi riferivo sono tutti coloro tra i produttori che hanno tollerato, arricchendosi, ciò che stiamo ancora aspettando che la magistratura accerti a Montalcino, facendosi, in ipotesi, indirettamente favoreggiatori di reato di truffa in commercio. Così come tanti altri loro colleghi nel bel paese, che vedono sfilare colonne di cisterne con mosti e vini provenienti da altre regioni, e assistono omertosi allo scempio delle loro denominazioni ma anche all'aumento dei loro fatturati.
Incapaci di risolvere la questione in casa propria, ovvero lavando i panni sporchi all'interno del Consorzio del Brunello di Montalcino, si rivolgono alla magistratura, che dopo quasi un'anno - giova ripeterlo - ancora non ha concluso le sue indagini. Complimenti. E fu così, come dicono gli inglesi, che la merda toccò il ventilatore...Aristide non sostiene certo la legalizzazione dell'illegalità, come Lei pelosamente insinua.
Io non spendo "una sola parola per dire che il trinomio Sangiovese - Brunello - Montalcino non si tocca" perchè sono almeno due decenni che é stato già "toccato", e mi pare irrilevante ergere istericamente le barricate nella stalla ora che i buoi sono già scappati.
L'integralismo non aiuterà a trovare alcuna soluzione al caso Brunello di Montalcino. Prendiamone atto, un nuovo disciplinare non risolverà alcunché a Montalcino, ne sortirà un compromesso che scontenterà tutti e soprattutto i più piccoli. E lasciare le cose come stanno pare impossibile, e francamente non augurabile, allo stato attuale.Piuttosto, perché non spende Lei una parola nuova sulla soluzione più ovvia? Una soluzione di mercato, in piena logica competitiva, a tutela della trasparenza e dei consumatori: Aristide sostiene da tempo che tocca ai vignaioli fedeli alla tradizione costituirsi al di sopra delle regole e della qualità prevista dal disciplinare. Perchè io consumatore devo diventare matto per capire se un Brunello è Sangiovese al 100% oppure no? Perché costoro non si organizzano sotto un bel marchio a garanzia della qualità della tradizione e una serie di semplici regole (viticoltura di collina, Sangiovese al 100%, niente enzimi, lungo affinamento in botti grandi, solo per fare un esempio), si danno una bella strategia di marketing aggressiva, e ci aiutano finalmente a identificare le loro bottiglie in mezzo al marasma ilcinese?