Tamburi di guerra al Vinitaly e, conseguentemente, agenda del wine blogger in parte sconvolta:
"Veronafiere ha dato mandato ai propri legali di promuovere ogni azione volta a tutelare la reputazione e il prestigio del marchio Vinitaly, noto in tutto il mondo. Ciò con particolare riferimento a strumentalizzazioni attraverso l’uso improprio del marchio a fini di titolazione giornalistica".
Questo è il succo della presa di posizione del Vinitaly contro l'articolo de L'Espresso. Anzi, la copertina e l'inchiesta, ormai tristemente celebre come "Benvenuti a Velenitaly".
In un post di soli cinque mesi fa ("Il vino all'acido", 3 dicembre 2007), la giornalista Elisabetta Tosi [blog: VinoPigro] lanciava l'avvertimento:
"La notizia è di queste ore: da nostre informazioni, gli uomini del Corpo Forestale dello Stato (e dell'ICQ) di Verona hanno arrestato Bruno Castagna di Veronella (VR) e sequestrato un ingente quantitativo di una mistura - spacciata per "vino" - composta in parte da mosto (50 per cento), e per il restante da acqua, zucchero e dagli acidi suddetti".
Gli sviluppi di quella vicenda hanno portato gli inquirenti a individuare la fonte originaria della sofisticazione in Puglia, nel comune di Massafra, provincia di Taranto. Il 18 marzo scorso, VinoPigro e Aristide sono stati messi al corrente di quella che ho subito pensato fosse una spettacolare accelerazione verso una crisi pericolosa per il settore, se mal gestita dalle autorità: l'individuazione di poco meno di 700 mila ettolitri di "vino" realizzato con sostanze ancora ignote. Da allora, ben tre laboratori specializzati si stanno dedicando a valutare precisamente le sostanze sequestrate. Siamo di fronte, ci dissero gli inquirenti, a un sistema di produzione di vino "altamente sofisticato" e accuratamente pianificato: una delle aziende coinvolte produceva mosti da uva da tavola; una rete di tubazioni sotterranee trasportava i mosti oltre un muro di cinta dove un'altra azienda procedeva alla lavorazione con sostanze chimiche di varia provenienza; gli inquirenti sospettavano legami dei produttori con la malavita organizzata; infine, sono circa 20 le aziende destinatarie di circa 700 mila ettolitri di vino adulterato.
Vincolati alla riservatezza per non compromettere l'esito di indagini assai complesse, non ci aspettavamo che la questione esplodesse così fragorosamente il 3 aprile, giorno di apertura del Vinitaly.
Nella ristretta cerchia degli informati ai massimi livelli, qualcuno ha evidentemente deciso di informare i media. I segugi di cronaca giudiziaria de L'Espresso si sono lanciati sull'osso tirato dalla "cortese manina" e hanno ricostruito la vicenda. Peccato che su molti aspetti ci siano delle vistose imprecisioni e speculazioni non suffragate dai fatti ad oggi disponibili. Peccato che gli investigatori ora parlino di "intralcio all'attività investigativa". Peccato che i "veleni a effetto lento" che "con il tempo si trasformano in killer cancerogeni" dei quali parla L'Espresso, siano tuttora sottoposti a un'attività analitica ancora in corso e da completarsi.