Vini "veritieri", tra legge ed etichetta
Diamo conto di un intenso dibattito innescato da un articolo di Carlo Macchi sul magazine online Wine Surf - "La gomma arabica: da Dottor Jekill a Mr. Hyde" - e amplificato da Franco Ziliani sul suo blog Vino al vino: leggete attentamente questo post - "Basta un poco di gomma arabica ed il vino diventa top..." - e tutto il dibattito seguente (anche se lungo, è molto interessante).
Si parla dell'impiego della gomma arabica addizionata al vino - notate bene e a scanso di equivoci: consentito da legge e disciplinari. Per esempio, qui potete dare un'occhiata al recente Regolamento CE dedicato tra l'altro a questi argomenti.
A quale scopo si utilizza la gomma arabica? Risponderemo con l'aiuto di Internet.
Non è difficile per noi al di fuori dei "misteri al-chimici" del vino trovare informazioni al riguardo, in rete c'è solo l'imbarazzo della scelta (le sottolineature sono nostre):
"La gomma arabica è un colloide, ottenuto da incisioni praticate su alcune specie di Acacia africane. Allo stato naturale si presenta in scaglie irregolari, più o meno trasparenti, di colore ambrato, con frattura vetrosa. Per azione idrolitica degli acidi produce arabinosio, ramnosio, galattosio e acido glucuronico. Può quindi considerarsi un polisaccaride di arabani, galattani e di acidi uronici.
Il suo impiego in enologia è noto fin dal finire del 1800 e nel 1933 Ribéreau-Gayon dimostrava che l'aggiunta di misurate quantità di gomma arabica costituiva una tecnica utile a migliorare nettamente la stabilità e consolidare i caratteri organolettici nei vini bianchi e rossi. (...) Le specie di Acacia che producono la gomma hanno una grande variabilità genetica, di conseguenza la quantità e la qualità di questo prodotto sono molto differenti da una pianta all'altra. È quindi importante selezionare la gomma arabica in base al tipo di pianta che la produce ed alla zona di produzione. La lavorazione delle boccole avviene secondo una consolidata tecnologia che prevede trattamenti volti ad eliminare tutte le impurezze presenti nel prodotto naturale. L'ultima filtrazione avviene su strati sterili, per assicurare l'assoluta asetticità della gomma e la sua filtrabilità dopo l'aggiunta al vino."
[scheda informativa di AEB-Group, multinazionale con sede a Brescia, "all’avanguardia nella ricerca e nel-l'applicazione dei trattamenti di processo riguardanti la biochimica e l’igiene ambientale"].
E ancora:
"Nel vino, la gomma arabica agisce da colloide protettore, con effetto stabilizzante della materia colorante e dei colloidi in genere; non meno importante è l’effetto organolettico, sia a livello olfattivo e retro-olfattivo, sia nei confronti delle sensazioni gustative e tattili. Un’ulteriore caratteristica, è il possibile contributo al perlage degli spumanti. (...) La gomma arabica è uno dei prodotti enologici più utilizzati dai vinificatori del terzo millennio, da un lato per le sue doti di morbidezza, che consentono di produrre vini sempre più corrispondenti ai nuovi gusti dei consumatori, dall’altro per le proprietà di stabilizzazione del colore dei vini rossi." [scheda informativa di Enartis, marchio di Esseco Group, San Martino Trecate, Novara]
Anche un noto produttore (vedi sotto) è molto esplicito sull'argomento:
"Uova, formaggio e gomma arabica. Non è una ricetta di cucina, ma un elenco dei sistemi usati in passato per chiarificare il vino, rendendolo all'aspetto pulito e limpido. I francesi lo chiamano "collage", collaggio: al vino viene infatti aggiunto un composto colloidale opposto a quello della sostanza che nel vino è causa di intorbidamento. Le due sostanze (quella del vino e quella aggiunta), avendo segno opposto, si attraggono reciprocamente, "flocculando" (unendosi) e precipitando. Un travaso e una filtrazione separeranno poi il deposito dal vino. Nel vino esistono colloidi a carica positiva e colloidi a carica negativa. Diventa pertanto necessario trovare colloidi del segno opposto per asportarli. I colloidi a carica positiva vengono "annullati" da bentonite, oppure dal caolino, dalla silice colloidale o dal tannino. Per asportare i colloidi a carica negativa (tannini), i collanti impiegati sono invece delle proteine: la colla di pesce (o ittiocolla), la caseina (o meglio caseinato potassico), l'albumina, la gelatina, il sangue di bue defibrinato e inoltre un tipo di silice colloidale avente carica positiva. La gomma arabica è adatta a prevenire ogni tipo di intorbidamento colloidale in quanto avvolge le singole particelle (micelle) di colloide e non ne consente la reciproca attrazione, evitando quindi la loro flocculazione e il deposito; si dice che la gomma arabica svolge azione di colloide - protettore.
Se il collante aggiunto al vino è in leggero eccesso rispetto al necessario si formerà un intorbidamento causato da questo sovrappiù; è la cosiddetta ipercollatura o surcollaggio (facilmente verificabile nei vini bianchi, praticamente privi di tannino, trattati con gelatina).
[alla voce "Chiarificazione" del Dizionario del sito di Santa Margherita]
Interessante, infine, anche il soffermarsi sulle argomentazioni prodotte da Gianpaolo Paglia, Poggioargentiera, sul proprio blog ("Additivi in enologia, poca chiarezza?"). Sostiene Gianpaolo Paglia che, sebbene gli additivi siano ampiamente utilizzati sotto "copertura" di legge, è forse arrivato il momento di dichiararne l'uso in etichetta, un po' come si fa dallo scorso autunno con i solfiti.
Aggiunge Paglia che utilizzerà il proprio blog per illustrare al pubblico "quello che noi usiamo come additivi, quanto e perché, tanto per fare chiarezza": questa è un'ottima idea, il blog è lo strumento ideale per aiutare noi tutti a fare un po' di luce su una materia complessa e delicata.
Ci sembra che l'uso di questi additivi serva a correggere - in maniera del tutto legittima - alcuni difetti provenienti dall'uva raccolta e potenzialmente trasferiti al vino durante la trasformazione, o per difetti creatisi durante il processo di trasformazione stessa. Siamo sensibili alle esigenze dei produttori nel compensare gli inevitabili problemi della vinificazione mediante il ricorso a pratiche enologiche legali.
Siamo d'accordo con Paglia quando manifesta il suo scetticismo riguardo alla dichiarazione in etichetta del loro uso: "Si farà? Io penso di no, perché troppo dirompente dare l'informazione, forse troppo imbarazzante".
Siamo disponibili come consumatori a farci carico di tutti i problemi della categoria, per carità, siamo gente di mondo, viviamo di solidarietà. Ci risulta però che qualche produttore riesca, per fortuna, ad evitare l'uso degli additivi enologici. Aspettiamo dunque di vedere le prime etichette con la dizione "VINO ESENTE DA ADDITIVI".
C'è qualche legge che impedisce di farlo?