Domanda di una lettrice:
"Le scrivo per chiedere una conferma ad una cosa che ho letto sull'ultimo numero del mensile OKsalute a proposito dello Champagne. Si dice che non si fa uso di solfiti perchè ucciderebbero i lieviti." - Gianna Ferretti, curatrice di Trashfood.
Stimolati dalla domanda (dei solfiti ci siamo occupati in passato qui e qui), abbiamo interpellato Francis Boulard (nella foto) della Maison Champagne Raymond Boulard (non perdetevi la lettura del suo blog), il quale via email ci ha risposto così:
"In altre regioni francesi - Loira, Borgogna, Languedoc, etc. - sono pochi i produttori che non impiegano solfiti (SO2), ma soltanto per piccoli quantitativi prodotti per piccole cuvée (Boulard cita i nomi di Marcel Lapierre, Claude Courtois, Pierre Breton e "pochi altri", ndr.). Di solito, si tratta di vini rossi, caratterizzati dalla presenza rilevante di tannini, quest'ultimi ottimi anti-ossidanti, tanto quanto i solfiti. Non potendo contare sui tannini nei vini bianchi (totalmente assenti), i produttori sono spesso costretti all'azione anti-ossidante dei solfiti, mentre una minoranza di loro ricorre in sostituzione all'anidride carbonica (CO2) che aggiungono al vino in piccole quantità durante l'imbottigliamento (Angiolino Maule ed altri produttori italiani di osservanza bio-dinamica seguono lo stesso approccio, ndr.).
Nella Champagne tutti i produttori ricorrono ai solfiti, così ci è stato confermato di recente durante il wine-forum La Passion du Vin, anche se dobbiamo tenere ben presente di alcune importanti differenze nel processo di vinificazione. Tutti aggiungono SO2 ai mosti, subito dopo la pressatura e subito prima la fermentazione alcolica, in una quantità compresa tra i 35 e 50 mg. di solfito totale (Boulard precisa di aggiungere 5g./ettolitro al mosto; dopo la fermentazione la quantità totale di SO2 si riduce a 30-35mg/litro, ndr.). La confusione nasce sul fatto che la maggioranza dei produttori effettua una seconda piccola aggiunta di SO2 (10-20mg./litro) al degorgement e dosage (il primo è il processo di congelamento della sommità della bottiglia ed espulsione dei sedimenti e scorie della fermentazione, il secondo è l'atto immediatamente successivo del rabbocco della bottiglia con il liqueur d'expédition, una miscela di vino e zuccheri aggiunta dopo la seconda fermentazione - se tutto ciò non fosse chiaro, vi consigliamo di dare un'occhiata a questo interessante video della durata di solo 1'40" - ndr.).
Solo pochi produttori nella Champagne (tra i quali è incluso Raymond Boulard) non aggiungono solfiti al degorgement, perché a quel punto il vino viene "chiuso" - non respirerà nulla per almeno 5 o 6 mesi - e i rischi di ossidazione sono nulli".
Francis Boulard conclude osservando che l'aggiunta di solfiti al degorgement non è indispensabile e si possono evitare alcune contro-indicazioni per gli effetti dei solfiti sulla salute (mal di testa, per esempio). Boulard esclude, quindi, che esista in tutto lo Champagne un produttore che non usi affatto solfiti (nel mosto e durante il rabbocco): se esistesse, sarebbe un fatto talmente straordinario da risaltare sulla stampa specializzata come un autentico scoop giornalistico.
Ulteriori informazioni:
- una fonte "classica" sulle tecniche di vinificazione dello Champagne;
- dosaggi e modi di impiego dell' SO2 nella vinificazione dello Champagne.