Pizza naturale, Papero colorato, conto salato (2)
(Seguito dal post precedente)
"Comunque se devo far percepire la qualità di una pizza porterei ilettori/consumatori ai Tigli di San Bonifacio, che è vicino a Verona, non è al Centro e non è al Sud, tanto per non essere ovvi e retorici".
Stefano Bonilli, Papero Giallo & Gambero Rosso
Stimolati da tale autorevole indicazione, ci siamo volentieri recati alla sopra citata pizzeria.
In realtà si tratta di un locale particolare, un ibrido tra un ristorante abbastanza ricercato (gradevoli le luci e gli arredi, scomode le sedie) ed una pizzeria tradizionale.
Anche l'esperienza gastronomica è particolare: l'amico che ha prenotato al telefono non era al corrente, come del resto noi stessi, che I Tigli prevedono una sorta di approccio "degustazione" alle loro pizze: che derivi da ciò la presenza in conto del "coperto degustazione" a €2 cadauno ? Ci siamo così trovati (in sei) davanti all'imperativo della gentile cameriera di non dover mangiare ciascuno la propria pizza ma procedere ad un'ordinazione di varie pizze da consumarsi "una fetta alla volta".
Davanti ad un menu composto da due famiglie di pizze (con lievito di birra e con lievito naturale) con un prezzo mediamente elevato (in media sul livello di prezzo di un secondo al ristorante), la prima spontanea tendenza ad ordinarsi una Marinara per tenere "sotto controllo" il conto veniva così neutralizzata dagli abili strateghi del menu dei Tigli.
Ma concentriamoci sulla benedetta qualità della pizza naturale.
Il ricorso a lieviti naturali (si favoleggia di una madre di circa 100 anni qui ai Tigli) è il punto di forza dell'offerta, e il nostro interesse è massimo. Non abbiamo compreso perchè in carta fossero presenti solo 2 pizze "tradizionali": Marinara e Margherita di mozzarella vaccina. Per il resto una serie di proposte incentrate sull'idea di "focaccia farcita": come potete vedere dal conto qui sopra riportato, pizza con radicchio e patate fritte (chips), burrata con caponata, formaggio Monte Veronese con marmellata di fichi.
Per Aristide queste non sono pizze, sono focacce, ma sono problemi suoi.
Le due uniche pizze tradizionali sono risultate buone: Marinara corretta, a pasta bassa morbida e fragrante (neanche una pizza a pasta doppia o alta in menu), pomodori un po' "scarichi" ma, con buona pace di Bonilli che crediamo viva a Roma, noi non siamo al Centro-Sud e i pomodori sono quello che sono. Margherita a pasta bassa, senza sale e ancora più "scarica" della Marinara. Ottima la consistenza della pasta, ma che sia tutto merito dei lieviti non sappiamo. Come per i vini naturali (abbondante scelta di vini biodinamici italiani e francesi nella carta, complimenti, ma pare ci sia di mezzo una parentela stretta con un noto produttore biodinamico della zona, Angiolino Maule) crediamo che sia assai difficile distinguere nel piatto una pizza naturale (con pasta realizzata con lieviti naturali) da una pizza standard da lieviti sintetici. E' senz'altro più salutare e digeribile la prima, forse risulta più profumata, leggera, fragrante, ma mentre la mangi ti devi fidare del pizzaiolo.
Così come, nel caso dei Tigli, ti devi fidare che le bottiglie d'acqua minerale, da noi come da altri commensali ordinate, fossero state effettivamente appena aperte (essendo arrivate già aperte al tavolo). Stessa fede anche per quel paio di bottiglie di vino (naturalissimo, per carità!) ordinate ai tavoli accanto ed arrivate con il tappo mezzo estratto.
Le pizze (celebrate in una riproduzione del Gambero Rosso del luglio 2004, in cornice vicino alla cassa) sono risultate assai meno soddisfacenti nel prezzo: il dettaglio del conto qui sopra riportato parla da solo, non aggiungiamo altro commento sennò ricominciano a girarci...