Aristide, il wine blog di Giampiero Nadali

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Archeo-vini: convegno in Valpolicella

Bella questa idea degli archeo-vini: "Viaggio attraverso il tempo alla scoperta dei vini antichi - Dalla Georgia alla Grecia, dalla Sicilia alla Sardegna fino alla Valpolicella".

Daniele Accordini, Direttore Tecnico dellaCantina di Negrar, in collaborazione con la Festa dei Vini Classici della Valpolicella di Pedemonte e il Palio del Recioto di Negrar, organizza per venerdì 20 aprile p.v., ore 20.00, presso il Park Hotel Villa Quaranta di Ospedaletto di Pescantina (VR), un convegno dedicato a dare risposta ad almeno queste domande: "Qual è l’origine geografica della pianta della vite? Com’erano i vini cantati dai lirici greci? Che fine ha fatto il Falerno esaltato dai poeti latini?".

Numerosi gli esperti chiamati intorno al tavolo, come altrettanto numerosi saranno i vini in degustazione al termine dell'evento. Aristide ne ha già assaggiato uno in particolare, allo scorso Vinitaly, ma ve ne parlerò nel prossimo post.

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Quello che segue è un testo "preambolo" al convegno:

Gli Archeo -Vini

Viaggio attraverso il tempo alla scoperta dei vini antichi.§

Dalla Georgia alla Grecia, dalla Sicilia alla Sardegna fino alla Valpolicella

Valpolicella, Sardegna, Sicilia, Grecia e Georgia. Cosa unisce luoghi così lontani e per molti aspetti molto diversi? Data l’occasione nella quale questa comunanza è stata ricercata, la risposta può essere semplice: il vino, è ovvio! Ma le risposte semplici non sono risposte banali. Il significato di aver invitato persone da luoghi così lontani per parlarci dei vini delle loro terre è quello di celebrare la diversità della viti-enologica europea, grande risorsa economica, agro-ecologica, paesaggistica, culturale ed edonistica del nostro vecchio continente. Celebrare non per evocare un passato la cui sopravvivenza è fragile, ma per prendere coscienza di una condizione privilegiata. I primi sostenitori della bio-diversità e della agro-diversità della viticoltura europea dobbiamo essere noi Europei: come cittadini e soprattutto come consumatori. Non si tratta di atteggiamenti neo-autarchici, quanto piuttosto di difendere un patrimonio. Metaforicamente, noi Europei è come se vivessimo in una grande enoteca, nella quale possiamo acquistare scegliendo tra un’immensità di vini. Vini diversi, vini che affondano le loro radici in un suolo profondo anche più di 5000 anni. Vini che provengono da regioni assai diverse per risorse ambientali (suoli e climi), per risorse genetiche (vitigni e loro variazioni locali), per risorse umane (tecniche di coltivazione e di vinificazione). Ma soprattutto ciò che rende ognuna delle viticolture europee irrepetibile è la loro originalità. Se dal punto di vista cronologico, la viticoltura nacque più precocemente alle sorgenti del Tigri e dell’Eufrate, nella regione Circum-Mesopotamica e in Trans-Caucasia, è sempre più chiaro a chi studia le origini della viticoltura, che l’affermarsi della viti-enologia verso Occidente non fu un processo di semplice acquisizione delle tecniche di coltivazione della vite e di vinificazione dell’uva, dalle regioni più progredite da questo punto di vista, quanto piuttosto un processo di accelerazione all’emergenza di una viticoltura locale ancora ad uno stato iniziale. Ogni viticoltura può quindi ritenersi originale nel senso letterale del termine. Ciò implica che gli assortimenti varietali locali debbano ritenersi autoctoni, ovvero almeno in parte derivanti dalla domesticazione delle viti selvatiche locali, e che comunque le tecniche di coltivazione della vite e di vinificazione, che ovviamente nel corso dei secoli hanno subito un’incessante evoluzione, possano considerarsi, per l'appunto, l’evoluzione di una condizione locale originaria, e quindi unica ed irripetibile.

Conoscere e consumare i mille vini delle cento regioni d’Europa è dunque al contempo un atto di consapevolezza culturale e di piacere sensoriale.