Question Time: forza vendita carente?

SalesmenArrivano di tanto in tanto richieste di informazioni dai lettori. Di tanto in tanto pubblicheremo domande, risposte e commenti di interesse generale.

Sono un giovane produttore di vini laziali e seguo con molto interesse il suo blog. Vorrei quindi lanciarle una proposta per un "post" che potrebbe aiutare noi produttori a risolvere qualche problemino o semplicemente evitare spiacevoli "inconvenienti " commerciali. Mi spiego meglio: uno dei più grandi problemi per noi produttori è quello di riuscire a trovare dei fidati collaboratori per la commercializzazione del nostro prodotto in città a noi lontane e difficilmente gestibili in prima persona.
Più precisamente è sempre più difficile la ricerca di agenti qualificati o distributori che sappiano trasmettere ai consumatori (o ai rivenditori) il duro lavoro che c'è dietro quella bottiglia che loro vendono e il territorio le tradizioni e i sapori che essa deve o dovrebbe esprimere!

Sarebbe quindi a mio avviso molto interessante, ma soprattutto utile, aprire un post dedicato all'argomento in cui i produttori di vino possano esprimere il loro parere e scambiarsi utili riferimenti per le vendite delle loro bottiglie, nello stesso post potrebbero intervenire gli enotecari e i ristoratori che a loro volta potrebbero esprimere il giudizio sul distributore o sul rappresentante in questione in qualità di loro clienti!

Cosa ne pensa, è fattibile un'idea del genere? 

Insomma credo che molti di noi abbiano veramente la necessità di trovare un punto (anche se virtuale) di incontro e confronto su questo come su molti altri temi!
Saluti 
Claudio Ciuffa
Caro Claudio,
per una felice combinazione, mi piace collegare questa email a due post recenti che, in modo diverso, parlano di venditori:

Qualche giorno fa parlavo, in termini generali, della sua email con il direttore commerciale di una cantina di media grandezza del veronese. Anche lui, come lei, mi confermava la difficoltà nel trovare personale di vendita adatto alla commercializzazione di vini di qualità ma di aziende piccole e fuori zona.
L'argomento richiederebbe un blog intero, non un post soltanto! Credo molto nella necessità di innovare profondamente i canali di vendita e le risorse umane sono fondamentali in questo processo.
Anche nel mondo del vino il venditore - o rappresentante, come più comunemente viene chiamato - è una figura chiave, assolutamente essenziale per introdurre, presso ristoranti o enoteche, nuove aziende o consolidarne la presenza presso i clienti già acquisiti.
Purtroppo, siamo di fronte ad un generale scadimento della qualità dei venditori oggi su piazza. Il motivo? Senz'altro ve n'è più d'uno. Compreso lo scadimento commerciale di molte aziende.
Mi spiego in poche parole.
In mercati sovraffollati e competitivi, la bravura di un venditore risiede nella capacità di "fare la differenza". Cultura personale e professionale si mescolano con doti personali di comunicativa attiva e passiva (capacità di ascolto, per esempio). Più un prodotto è complesso, e il vino lo è senz'altro, più sono importanti le doti che uniscono un approccio da professionista-consulente (dotato della più vasta cultura tecnica possibile) con quelle commerciali e, soprattutto, di relazione inter-personale. L'essenza di qualsiasi attività di affari, a mio avviso, risiede nella capacità di stabilire relazioni personali durature con le persone dall'altra parte del tavolo, i clienti.
Bene, se siamo d'accordo su questo approccio, sembra che le aziende attuino sempre più comportamenti che vanno nella direzione contraria, penalizzando lo sviluppo della qualità. Scarsa formazione professionale, scarsi investimenti sulle risorse umane, modelli di retribuzione orientati sempre più al risultato acquisito (ovvero sulla cosiddetta componente "variabile" della retribuzione, ormai compresa tra il 60 e il 100 per cento), scarsi investimenti nelle tecnologie e nelle pratiche aziendali per migliorare la produttività dei venditori. Sono problemi comuni a molte delle PMI italiane (piccole-medie imprese), dove il costo del lavoro ancora elevato (sul lato degli oneri sociali) tende a far scaricare una parte dei rischi imprenditoriali su una forza vendita a sua volta gravata da oneri fiscali ingenti, che per il lavoro autonomo arrivano a poco meno del 60% del reddito lordo prodotto.
Insomma, tutta la filiera commerciale è impegnata a contenere costi trattenendo gli investimenti, con inevitabili riflessi sulle prestazioni professionali e la qualità degli agenti di commercio (la figura di venditore più diffusa e utilizzata anche nel settore vitivinicolo).
Questa "economia della ristrettezza" non facilita il compito delle tante aziende e professionisti che intendono trasferire il "valore" del vino ai loro clienti. Certo, si obietterà, l'intermediario commerciale ha le sue responsabilità nella levitazione dei prezzi del vino e, quindi, sono rilevanti i guadagni realizzati negli ultimi anni. Aristide pensa che il fenomeno "prezzi alti" del vino sia l'evidenza dell'inefficenza della filiera distributiva del vino, afflitta da troppi intermediari e conseguenti passaggi commerciali (il prezzo è sempre la spia dell'efficenza di un mercato). Le entità commerciali più organizzate (e con la filiera più corta) sono certamente le più redditizie, ma immagino le difficoltà della miriade di agenti di commercio.
Insomma, continuando a impostare un "economia della ristrettezza" stiamo impoverendo la capacità professionale dei principali tra gli attori del vino, i venditori.
Tornando al cuore della sua domanda, sarebbe senz'altro interessante attivare un circuito di passa-parola nazionale sui venditori e professionisti del vino. Un passa-parola alimentato dai loro clienti, s'intende.
Qualcuno vuole farsi avanti?

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